LA PAROLA

Albinismo

L’Albinismo (la parola deriva dal latino albus e significa “bianco”) è un’anomalia genetica caratterizzata dalla completa o parziale carenza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell’iride e nella coroide, nei peli e nei capelli. In genere chi viene colpito da questa malattia, presenta disturbi alla vista ed ha una predisposizione per i tumori della pelle. La forma “classica” colpisce maschi e femmine con la stessa frequenza. In Italia le persone albine sono tra le 2.500 e le 5.000.

Esistono varie forme di albinismo, anche perché non sempre la malattia coinvolge tutto il corpo, ma a volte solo alcune parti (la produzione di melanina in questo caso non è del tutto assente ma comunque ridotta rispetto alla norma):

  • Albinismo totale: è il più raro, ed è riconoscibile perché le persone con questa forma presentano una pelle bianchissima, capelli bianchi o giallo paglia molto setosi e occhi grigio-bluastri o rosei;

  • Albinismo parziale: è sicuramente quello più comune ed è caratterizzato da una carenza di pigmentazione inferiore rispetto a quello “totale” e va a colpire solo alcune zone del corpo come i capelli, un solo occhio e/o alcune aree della pelle che appaiono più chiare, a chiazze;

  • Albinismo oculo-cutaneo: riguarda tutto il corpo e generalmente colpisce un nascituro ogni trentacinquemila;

  • Albinismo oculare: chi ne è colpito (un neonato ogni quindicimila) è privo di pigmento nella retina per cui ha una scarsa acuità visiva.

Per fortuna oggi le persone albine possono godere di uno stato di salute normale, avere uno sviluppo intellettuale nella norma e condurre una vita regolare. La perdita di pigmento nella pelle, nei capelli e negli occhi non comporta danni né al sistema nervoso, né agli organi e apparati del corpo. Anche la durata di vita rientra nella norma. L’ignoranza e il pregiudizio invece, rappresentano un serio problema alle persone affette da Albinismo al punto tale da influenzare la loro esistenza.

E sei già fortunato se sei nato in un paese più o meno civile, ma in Malawi e in Tanzania, è in atto una vera strage degli albini.

In Malawi vivono tra le 7.000 e le 10.000 persone albine Contro di loro sono aumentati negli ultimi anni considerevolmente gli attacchi e le persecuzioni in nome della superstizione.
Cacciati senza tregua, braccati, catturati e infine fatti a pezzi. Parti del loro corpo, ad esempio, vengono vendute per poter fabbricare amuleti contro il malocchio oppure per curare malattie. Addirittura, si pensa che stuprare una donna albina equivalga a guarire dall’Hiv o che bere il loro sangue possa portare ricchezza. Sono spesso i familiari delle vittime a farsi carico di questi macabri guadagni, alimentando un mercato che conta ormai centinaia di migliaia di dollari. Basti pensare che il prezzo per una singola mano è pari a duemila dollari, mentre per il corpo intero ci si aggira sui 75mila dollari. Un mercato in mano agli stregoni, che commissionano omicidi in nome di una nera ritualità guaritrice, ma principalmente per soldi.

Per sfuggire a questa agghiacciante “caccia all’uomo bianco”, una decina di anni fa alcuni albini tanzaniani si rifugiarono a Ukerewe, l’isola più grande del Lago Vittoria, che a sua volta è il più grande lago d’Africa: ai loro occhi quel luogo isolato era apparso sufficientemente sicuro. Oggi quest’isola incastonata nel cuore dell’Africa vanta una delle più alte concentrazioni di albini al mondo. «La nostra comunità è composta da un’ottantina di persone di ogni età – spiega Alfred Kapole, albino di Ukerewe –. Viviamo in armonia con il resto della popolazione locale. Non siamo ghettizzati come accade in altre parti della Tanzania. Qui abbiamo un lavoro, relazioni sociali, momenti di svago. I nostri figli vanno a scuola e giocano con quelli dei nostri vicini. Siamo tutti pescatori, poveri ma dignitosi. Tra noi c’è solidarietà, rispetto e mutuo soccorso». La reputazione di questa “isola felice” si è ben presto diffusa attirando molti altri albini in cerca di rifugio e di riscatto.

Sempre in Tanzania a Tabora, la congregazione delle Suore della Provvidenza ha aperto una casa famiglia che ospita 40 bambini dai 3 ai 9 anni con progetti di integrazione.

Amnesty International ha lanciato una petizione. Potete firmarla a questo link.