Chissà se angarìa o la sua più nota variante angherìa è una di quelle circa 3.000 parole da salvare suggerite dalla Zanichelli come desuete e anche da TESSERE riprese in mano con l’hashtag #paroledasalvare.
Ma sarebbe davvero un’angherìa, vale a dire un sopruso, un atto di prepotenza, non servirsene più ed abbandonarla al proprio destino in una società vertiginosamente mutante e perciò distratta dall’impiego appropriato del proprio linguaggio a favore di contrazioni, acronimi, neologismi e emoij al posto del ricco e generoso vocabolario di cui fortunatamente disponiamo.
Menzionarla e rimetterla all’attenzione, rendendola disponibile al suo precipuo utilizzo, è salutare non solo e non tanto per un ossequio filologico e letterario, quanto invece per l’incombenza della sua presenza.
L’angherìa o la sua originaria variante da cui deriva angarìa è «uno spettro che si aggira» quasi quotidianamente nelle nostre esistenze: quando per esempio rispondiamo a quelle telefonate apparentemente garbate di qualcuno che “inspiegabilmente” possiede il nostro numero di cellulare e intende rifilarci un’assicurazione o il contratto di fornitura dell’energia elettrica sorprendentemente sempre più vantaggiosi di quelli in nostro possesso o di quelli che ci sono appena stati proposti con una altrettanto apparentemente garbata telefonata.
Oppure quando… oh, ce ne sono talmente tante di angherie nella nostra vita che è inutile portarne altre ad esempio.
La parola viene dal tardo latino e a sua volta dal greco, ma ha origine persiana. L’ἄγγαρος (nel medioevo angird) era un messaggero del re di Persia, che poteva imporre requisizioni e tasse nei paesi attraversati. Uno autorizzato a intimidire con prepotenza quanti erano sottoposti a tributi onerosi e a gravosi balzelli.
Se nell’antica Roma le angarie erano oneri imposti nell’interesse dello Stato, con la caduta dell’Impero romano e fino alla rivoluzione francese divennero abusi, aggravî di natura privata a carico dei servi della gleba.
Soprusi e vessazioni di ogni tipo scandiscono ancora la vita degli individui e quest’ultimi, purtroppo, non hanno ancora trovato il modo di sottrarsi ad essi, come se le angherie fossero una maledizione divina, un giogo da dover sopportare con rassegnazione. Non è così, basterebbe comprenderlo e ribellarsi. Meglio tutti insieme, ma iniziando senza esitazione ciascuno da solo.