LA PAROLA

Arrivare

Il participio passato del verbo arrivare è arrivato e viene comunemente impiegato come aggettivo per indicare coloro che si sono realizzati, che hanno raggiunto le proprie aspirazioni, che hanno trasformato in realtà i propri desideri: le persone arrivate. Con un pizzico di disprezzo si usa il termine in forma di sostantivo, “gli arrivati”, riferendosi a chi ha fatto rapida fortuna, a chi si è arricchito in poco tempo: i parvenu.

Ma, ascoltando la puntata del 29 luglio scorso della bella trasmissione di Radio Rai 3 “La lingua batte” intitolata Il mondo che abitiamo e che parliamo (è disponibile in podcast), si fa mente locale al fatto che il verbo da cui “de-riva” in latino significava “giungere a riva” (arripare scrivevano, facendo riferimento alla “ripa”. Dunque «raggiungere il luogo stabilito, toccare il termine di un viaggio o di un cammino, il traguardo di una gara, e simili», come il vocabolario Treccani definisce il verbo arrivare, ha a che fare con una traversata ed uno sbarco, con il doversi spostare da un luogo per raggiungerne un altro, con un esodo. E con la voglia, il desiderio, il sogno di intraprendere quel viaggio, di esporsi a quel rischio.

Si usa quel verbo per riferire di un aereo che atterra, del ritardo di un autobus, di una lettera che giunge a casa. Si può «arrivare a un ministro» quando si è in grado di «interessarlo a favore proprio o d’altri», oppure «un momento dal tabaccaio» e il resto della storia è noto. Uno schiaffo o un calcio sul sedere arrivano, e il proverbio dice che «chi tardi arriva male alloggia»: più fortunati, dunque, gli sbarcati di prima, i nostri nonni che raggiunsero l’America. «Alla fine del mese» non è detto si arrivi, soprattutto se «lo stipendio arriva sì e no a 700 euro» o puntuale come dovrebbe invece. Si arriva allora a dar di balta o a fare una sciocchezza, e prima o poi «alla fine dei proprî giorni», forse a domani.

Nell’attesa non si vede l’ora che arrivi Natale o la tredicesima, sperando non arrivino altre bollette da pagare. Però, intanto, la trattativa per salvare i posti di lavoro in una fabbrica magari è arrivata a un buon punto. E poi ti può sempre arrivare «una bella fortuna», ma anche «una bella batosta» e allora lì a dire «Ma tu guarda che cosa mi doveva arrivare!». E a quanto arriveranno tutti quelli che possono dire una frase del genere? E quanti arriveranno, o avranno l’ardire, di riferirla solo a sé.

Arrivano il caldo e il freddo, e il cappotto magari non arriva al ginocchio, ma anche il momento di parlare, quello di dirsi la verità, se l’acqua non ti arriva già alla gola. Ma ci si deve arrivare, nel senso che si dev’essere capaci di capire: se non ci arrivi… Se non ci arrivi sei arrivato, come lo si direbbe di un ferro vecchio, esausto e ormai inutile. Guarda quante cose ci sono sull’altra riva, quella là, dove tutti vorremmo arrivare e ogni giorno in molti ci provano. Benarrivati.

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