LA PAROLA

Asino

Che grande ingiustizia! E che grande ingratitudine! Sono secoli che l’epiteto è il solito con varianti lessicali ininfluenti sul significato: asino, somaro o, soprattutto in Toscana, ciuco che è anche più popolarmente dispregiativo. Se uno è duro di meningi a scuola, sul lavoro, in politica (di questi tempi poi…), nello sport, ovunque capiti, il riferimento al povero animale da soma è scontato. L’unica eccezione è roba recente, da digitale terrestre o parabola sul tetto. L’ha introdotta Vittorio Sgarbi il quale, chissà perché, ha cambiato animale e l’ignoranza l’ha addossata tutta sulle capre che, per il noto critico d’arte, non vivono mai sole dal momento che il suo furioso inveire suona comunemente: «Capra, capra, capra, capra». A volte un vero gregge.

Il povero asino invece resta solitario anche nelle contumelie come quasi sempre gli accade nella sua faticosa esistenza. Quanti sforzi nel tempo, l’infaticabile animale, ha risparmiato nelle montagne e nelle campagne. Quanta abnegazione ha offerto per un po’ di fieno. E cosa ha rimediato?

Ne sa qualcosa il povero Lucio che, qualche decina d’anni dopo Cristo, si trovò a vivere da ciuco nelle Metamorfosi di Apuleio.

E Giovanni Buridano, sette secoli fa, ce lo descrisse tanto stupido da morire di fame non riuscendo a scegliere tra due mucchi di fieno che aveva vicini.

Se anche oggi ci imbattiamo in qualcuno rozzo, disadorno e poco vispo immediatamente ricorriamo al vecchio adagio: «È un asino calzato e vestito». E se incontriamo un’insormontabile difficoltà, subito ci lamentiamo sgomenti che «qui casca l’asino». Sempre e solo lui perfino quando, a mal partito, ci tocca obbedire, ovvero «legare l’asino dove vuole il padrone». E una castroneria sparata in pubblico diventa comunemente «un raglio di ciuco».

Non sfugge all’abitudine neanche il genere femminile per cui, se una ragazza è avvenente ma svampita, inesorabilmente la sua è una «bellezza d’asina».

Così, stranamente non accade ai cugini, peraltro meno nobili, del povero somaro ovvero al mulo, che al massimo viene ricordato per la sua testardaggine, o allo sconosciuto bardotto del quale si ignorano perfino la mamma asina e il babbo cavallo.

E non succede altrove se solo si pensi agli americani democratici che, tra il serio e il faceto, hanno scelto, quasi due secoli, un somarello a loro simbolo e da Andrew Jackson in poi ne vanno pure orgogliosi.

Chi se ne intende e gli asini ha studiati da vicino, spazza via ogni luogo comune. L’animale è umile, coraggioso, orgogliosissimo, ha una eccezionale resistenza, campa con poco riuscendo a digerire anche la fibra grezza, non teme il caldo e neanche il freddo, sa riconoscere gli amici ai quali si lega con generosità e altruismo. In sostanza non è un asino.

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