Secondo il vocabolario Treccani l’origine della parola attimo risale al tardo latino in atŏmo, a sua volta derivato dal greco ἐν ἀτόμῳ (en atomo), letteralmente “in un indivisibile”. Secondo un’altra ipotesi deriverebbe invece dal sanscrito atman – soffio, alito, respiro, anima – e dal greco antico ἀτμός (atmos), esalazione, vapore. Che sia da ricondurre a particella indivisibile o a impercettibile soffio, la parola resta legata a un’immagine fragile e preziosa, così come l’atomo, di cui tutto è composto, o il respiro, “l’anima” che ci tiene in vita.
Per il filosofo Platone, l’attimo è quel momento in cui «l’uno, se in moto si ferma, o fermo, si mette in movimento» (Parmenide, 156c), è il passaggio, il mutamento; si pone al di fuori del tempo, non si identifica né con la quiete, né col movimento, rimanendo sospeso nel divenire. Senza addentrarsi in interpretazioni filosofiche, quell’attimo sospeso, che non è più ma ancora non è altro, sembra rappresentare le infinite possibilità che incessantemente si compongono e scompongono nell’esistenza degli uomini.
E ancora, non sono forse attimi quelli che spesso lasciano le emozioni più profonde? L’attimo in cui è avvenuto il primo incontro con una persona, diventata in seguito importante; uno sguardo, il movimento di una mano, un sorriso, solo attimi appunto, ma persistenti, nel ricordo. E non è forse vero che in un attimo tutto può cambiare? Nel bene e nel male: per la vittima di un incidente, ma anche per una fortunata vincita al lotto, il cambiamento avviene in un singolo istante.
Il poeta latino Orazio aveva tradotto questo concetto nel celeberrimo «Carpe diem quam minimum credula postero» (Odi 1, 11, 8), «cogli il giorno confidando il meno possibile nel domani», che per tutti è diventato il motto carpe diem, cogli l’attimo.
Se la frenesia del “tutto e subito” è la cifra della società consumistica (crisi economica permettendo), un giorno è già troppo lungo. E anche comunicando con due parole, una accanto all’altra, si rischia di apparire prolissi in confronto alle abbreviazioni e le faccette di WhatsApp, mentre quello che si intende cogliere sono i saldi al supermercato. Così, anche l’attimo è diventato troppo lungo e, nel parlare quotidiano, si è trasformato in attimino.
L’attimo è soggettivo, come lo è la percezione del tempo e come è ben descritto in questi tre esempi tratti da classici della letteratura:
«Alice: “Per quanto tempo è per sempre?” Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”» (Alice nel paese delle meraviglie, di Charles Lutwidge).
«Come talvolta avviene, un attimo discese e si librò e durò molto più che un attimo. E il suono tacque e il movimento tacque, per molto molto più che un attimo» (Uomini e topi, di John Steinbeck).
«Il colonnello ebbe bisogno di settantacinque anni – i settantacinque anni della sua vita, minuto per minuto – per giungere a quel momento. Si sentì puro, esplicito, invincibile, nell’istante in cui rispose: “Merda”». (Nessuno scrive al colonnello, di Gabriel Garcia Marquez)