DAILY LA PAROLA

Austerità

Si è solenni dentro, severi prima di tutto con se stessi. Perciò non si dissipa, perciò non si dilapida, perciò non si cede a niente che non sia sobrio, ponderato, pacato

Della parola austerità ha mirabilmente scritto il 14 maggio scorso su queste “pagine” Beppe Ceretti (si legga qui), rammentando come di essa se ne servì il segretario del Partito comunista italiano Enrico Berlinguer all’inizio di quella stagione di sperperi, sprechi e nequizie che poi è precipitata nel marasma in cui viviamo oggi.

Se la si riprende in mano è per tentar di spiegare ancor più esplicitamente di quanto abbia fatto un collega dal quale chi scrive ha sempre e solo imparato che in quella parola si racchiude, malgrado le apparenze, qualcosa che sarebbe a tutti prezioso, intendendo per prezioso non lussuoso e inavvicinabile, ma proficuo e quasi necessario.

L’austerità ha a che fare con i comportamenti austeri, vale a dire aspri e duri. L’austero è, a detta di Vocabolario Treccani, il rigido, l’inflessibile, l’intransigente. E poi, in una seconda sfumatura, «l’aspetto severo, solenne», che però, più che un aspetto, è un’essenza, un carattere di fondo, qualcosa di fondante. Si è solenni dentro, severi prima di tutto con se stessi. Perciò non si dissipa, perciò non si dilapida, perciò non si cede a niente che non sia sobrio, ponderato, pacato.

Austeri, per intere generazioni, sono stati i genitori, qualunque fosse il loro mestiere e la loro condizione sociale, e poi gli insegnanti, le maestre prima, i professori del liceo e dell’università poi per i più fortunati. Li si poteva contestare, ma la loro austerità e la loro autorevolezza (cosa ben diversa dall’autorità, dal pugno di ferro) era inequivocabile.

Spiega il libro nel quale sono raccolte tutte le parole che in una seconda accezione l’austerità è un «regime economico-politico di risparmio nelle spese statali e di limitazione dei consumi privati, imposto dal governo al fine di superare una crisi economica».

Ma quei “risparmi” e quelle “limitazioni” potrebbero non essere imposti dai governi, bensì scelti dai cittadini e semmai imposti ai governi da cui essi decidono di essere rappresentati: ti voterò se sarai austero. Anzi, se lo sei già ora in campagna elettorale. E se avrai un programma di austerità che da quei risparmi e da quelle limitazioni ne tragga una diversa distribuzione delle ricchezze e un impiego più sostenibile delle risorse.

Ovviamente sogni in un’epoca in cui l’unica ambizione è quella di andare a vuotare il portafogli nel primo outlet a portata di mano, in una convergenza fra governati e governanti dove prevalgono i comportamenti allegri, spensierati, smodati, indulgenti, tutti aggettivi che si leggono nel vocabolario dei contrari e che accomunano la società civile e quella politica. O, se si preferisce, la società incivile e quella impolitica, tutt’al più “in politica”, così come si dice “in affari”.

Ceretti cita uomini sobri e posati anche nell’abbigliamento o nelle immagini colte fuori dalle occasioni ufficiali. Oggi, invece, anche un rosario è pacchiano e sgradevole, come se Gesù Cristo fosse andato in giro leopardato.

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