LA PAROLA

Banana

C’è chi l’ha definita l’unico frutto dell’amor, questo frutto senza semi, più che altro una bacca, dalla consistenza un po’ pastosa, ricco di sostanze nutritive essenziali: stiamo parlando della banana, frutto iconico di quel che Gianna Nannini chiamava l’America, dal che discende a questa nutriente bacca una fama imperitura. Appartiene alla famiglia delle Musaceae e il suo nome pare che derivi dal portoghese, che lo aveva preso a sua volta da una lingua africana, probabilmente il wolof delle popolazioni originarie del Senegal, del Gambia e della Mauritania. La banana è un alimento essenziale per moltissime popolazioni, se ne ricava anche una farina; dalle foglie del banano si ottengono contenitori per alimenti, e in Asia meridionale vengono usate come scodelle. Si possono anche mangiare, pare che sappiano vagamente di carciofo, così come i fiori, che devono essere privati delle parti dure e messi in acqua e limone per poterli cucinare con successo. Le banane si mangiano sbucciate, ma pare che non basti ad evitare che i pesticidi presenti sulla buccia arrivino anche all’interno: bisognerebbe sempre lavarle accuratamente. Come ogni coltura intensiva che si rispetti – è l’ottava coltura alimentare al mondo per importanza e la quarta nei paesi in via di sviluppo secondo FAOSTAT, il servizio di raccolta e analisi dati dell’Agenzia dell’ ONU – anche la banana è soggetta a periodici attacchi di funghi e altre patologie, vere e proprie pestilenze che nel tempo hanno portato alla scomparsa di molte sue varietà, mettendo a serio rischio anche il tipo di banana più comune sul nostro mercato, la Cavendish. Oltre che cruda, nature, la banana può essere trasformata in uno scenografico dessert, il banana split, oppure può essere cotta alla fiamma (banana flambé).

Ma la banana è stata protagonista anche della scena musicale: nel primo disco dei Velvet Underground sulla copertina Andy Warhol rappresentò una banana pop che avvisava in maniera indiretta che il contenuto del disco era per adulti, tanto è vero che sul peduncolo c’era la frase “Peel slowly and see”, cioè sbuccia lentamente e guarda: la banana gialla era sbucciabile e rivelava una banana rosa shocking. Rappresentava l’idea di “action cover” cara a Warhol, con la quale poter interagire ed entrare direttamente dentro l’opera d’arte.

La banana ha ispirato anche il nome delle Bananarama, gruppo inglese che è la quintessenza degli anni ’80, qui in una famosa cover di una canzone del gruppo olandese Shocking Blue:

La banana non è solo frizzi, lazzi e canzoncine: dobbiamo alla letteratura l’espressione Repubblica delle banane, utilizzata per la prima volta in un racconto dello scrittore americano O. Henry, nome d’arte di Williams Sydney Porter, nato nel 1862; nel 1950 la usò Pablo Neruda nel poema Canto General, mentre nel romanzo Cent’anni di solitudine, la città immaginaria di Macondo diventa ad un certo punto dominata dai grandi coltivatori di banane. Fu però Woody Allen a renderla un’espressione di uso comune, grazie al suo film Il dittatore dello stato libero di Bananas, nel quale si racconta la storia di un immaginario paese dell’America Latina che attraversa tutte le varie fasi tipiche delle “repubbliche delle banane”: assassini politici, colpo di stato militare sponsorizzato da gruppi economici e dalla CIA e una rivolta armata di ispirazione socialista.

Si parla quindi di repubblica delle banane quando un paese è largamente dipendente dall’esportazione di un unico prodotto o materia prima (banane o caffè, ma anche risorse naturali come petrolio, oro o diamanti), gestita da una ristretta élite che, assieme ai militari, gode dei profitti, mentre la gran parte della popolazione è sfruttata nella produzione ma rimane sempre povera.

nel 1954 alcuni agenti della CIA (tra cui i celebri fratelli Dulles) ordirono un colpo di stato in Guatemala per deporre il presidente Jacobo Arbenz Guzmán, che voleva nazionalizzare terreni e piantagioni, molti dei quali sfruttati dall’americana United Fruit Company. La strategia dei golpisti fece scuola perché, oltre che dei militari, si servirono delle campagne pubblicitarie di Edward Barnays per screditare il presidente eletto e farlo apparire come un pericoloso comunista. Solo un episodio dei molti che hanno travolto l’economia e la storia di molti paesi, dal Sudamerica all’Africa.

Una delle canzoni più belle di Dalla e De Gregori si intitola proprio Banana Republic:

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