LA PAROLA

Berserkr

Berserkr è una parola di origine norrena che ha avuto fortuna, riemergendo varie volte lungo l’evoluzione delle lingue scandinave ed angliche, comparendo in diversi contesti geografici dell’Europa settentrionale.

Il termine, infatti, è stato associato a interpretazioni diverse sia a livello di etimologia (guerriero orso?) che di contenuti. Questo stereotipo rappresenta un guerriero barbarico privo di armi complesse, scudi ed armature, distinguibile per la pelliccia di animale totemica, spesso un orso o un lupo. Questa immagine si ritrova ovunque, dalle testimonianze dei romani sui Germani, alle saghe norrene. Il guerriero berserker prorompe fuori da ogni schieramento militare, pervaso da una sorta di furia divina o sovrannaturale che lo rende immune all’acciaio nemico mentre procede verso il povero nemico stesso, come un bulldozer vivente, uccidendo tutto quello che capita a tiro.

Non è troppo lontano dalle baccanti del Mediterraneo o da alcuni zelanti guerrieri asiatici o dagli sciamani di isolate tribù: l’idea di un essere umano che si fa invadere da una forza trascendente (religiosa? ideologica?), diventando  potente e inarrestabile, oppure ricevendo una sorta di intuizione magica, è un archetipo ricorrente in molte mitologie; era in parte così anche i terribili hashashin al servizio del misterioso Uomo del Monte, capaci di compiere efferati delitti sotto l’effetto di droga e nella verità storica apostoli violenti di una setta estremista.

Nei decenni più recenti, le foreste del Nord Europa hanno ospitato i raduni di un tipo diverso di invasati, coinvolti in cerimonie piuttosto differenti: la loro ispirazione veniva da droghe sintetiche, il rito avallato da percussioni sonore sintetiche; se i berskerker del passato distruggevano i nemici e venivano immortalati nelle saghe, questi lontani discendenti si limitano a consumare maldestramente se stessi e a finire nei trafiletti dei giornali locali o in qualche inchiesta sul malcostume.

Ci risulta terrificante, in tempi contemporanei, l’idea di un altro essere umano con cui non si possa ragionare, poiché in preda a una furia talmente intensa da sfociare nella follia omicida, atta a ferire qualsiasi cosa davanti a sé senza poter esser fermato o distrutto con facilità; oggi noi pretendiamo di poter risolvere qualsiasi controversia con qualsiasi altro essere umano tramite il dialogo, presumendo che sia possibile sempre ragionare all’interno di un salotto diplomatico, composto di valori comuni adottati da chiunque. Come si può, invece, affrontare un nemico che non vuole nemmeno sentire ciò che gli viene detto, che si limita ad avanzare verso l’altro per  distruggerlo seduta stante? Non è possibile pacificare un nemico che non vuole ragionare con un argomento morale. Non si fermerà mai per provare rimorso, dubbio o pietà, ma vorrà solo marciare verso la prossima vittima.

La scienza dice che è possibile spegnere la coscienza con la chimica e la storia  che insegna che si può fare lo stesso con l’ideologia; spegnendo l’empatia o accendendo l’egoismo, si può smettere di vedere la propria vittima come umano, mentre a quest’ultima il proprio carnefice non appare più come un simile, ma come una belva incarnata in forma umana, un autentico uomo-lupo; neanche Tom Bosley potrebbe ricondurre alla ragione un essere del genere.

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