LA PAROLA

Bluff

Se qualcuno ricorda l’operazione “Mincemeat”, ordita dagli Alleati a danno dell’esercito tedesco nella primavera del 1943, quello è sicuramente uno dei più grandi bluff della storia. Un doppio inganno per proteggere lo sbarco in Sicilia, inducendo a credere che l’operazione sarebbe avvenuta in Grecia o in Sardegna. Il piano fu ordito facendo ritrovare in mare, al largo delle coste spagnole, il cadavere di un falso maggiore inglese con una lettera per il comando dell’esercito americano, contenente i dettagli dello sbarco in Grecia. Successivamente fu fatta trovare una seconda lettera in cui si descriveva come i servizi segreti alleati avrebbero dovuto far credere ai tedeschi che lo sbarco sarebbe avvenuto in Sicilia. Il risultato è noto e il successo fu tale da ripetere lo stratagemma con l’operazione “Fortitude” per lo sbarco in Normandia.

La parola bluff è mutuata dal poker, dove indica un modo di condurre la partita facendo credere agli avversari di avere carte diverse da quelle in mano, senza mentire esplicitamente, ma assumendo atteggiamenti tali da mascherare la vera strategia del giocatore. Non possono non venire in mente, pensando al poker, la faccia e le espressioni di Paul Newman, giocatore incallito e altrettanto incallito truffatore nel film La stangata, un vero e proprio capolavoro del cinema e sicuramente la pellicola più bella dedicata al bluff e alla truffa.

Il termine è un parola inglese, che significa letteralmente “colpo di vento”, anche se altre interpretazioni fanno risalire l’origine del lemma all’olandese bluffen, vantarsi. Intraducibile in italiano, è ormai acquisito nel linguaggio comune con il significato di inganno, finzione, millanteria, vanteria. Come in molte altre parole di origine straniera, bluff è diventato anche un verbo, bluffare, ampiamente utilizzato per indicare il comportamento di chi finge di avere qualità o possibilità superiori a quelle realmente possedute, in senso economico e materiale, ma anche in senso emotivo.

Bluffare, come già detto su queste pagine a proposito delle parole bugia e bugiardo, è parte dell’animo umano, quanto mentire. E non è detto che farlo sia solo e sempre per il danno altrui. Si può bluffare per paura, per trarsi da un impiccio, per difendersi, si bluffa in amore, si bluffa per un obiettivo strategico come quello dell’operazione “Mincemeat”.

Bluffare è un’arte, non è solo una tattica del poker. Serve allenamento, conoscenza dell’animo umano e dei comportamenti, della comunicazione non verbale e delle reazioni emotive dell’interlocutore. La capacità di mentire da sola non basta, occorre anche la mimica, lo sguardo, la postura. C’è una disciplina semiologica, la prossemica, che studia proprio il linguaggio non verbale e ne fa uno strumento in uso anche negli interrogatori dei sospetti.

Chi bluffa sa come e quando deve sorridere, come e quando muovere le mani, come spostare il corpo, come modulare il suono della voce, quando fare o non fare una pausa. Il bello o il brutto del bluff è che non dura, per quanto sia abile chi lo mette in piedi. La fragile impalcatura, il famoso “tanto fumo e poco arrosto”, crolla di solito alla svelta davanti alla incontrovertibile realtà. In amore la verità prima o poi viene a galla, come sul lavoro, basta aspettare il periodo di prova per capire le reali capacità del neoassunto. In politica è la tenuta dei programmi a smascherare il bluff, purtroppo sempre più frequente e mai del tutto “punito” dentro le urne.

P.S. C’è un posto in Nuova Zelanda che si chiama Bluff.

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