DAILY LA PAROLA

Cauterio

Cauterio: da orrendo strumento medico ad epiteto dialettale.

Oggi si usa l’elettrobisturi ma, un tempo, il cauterio – dal tardo latino cauterium e, ancor prima, dal tema greco καíω, “bruciare” – era uno strumento chirurgico per l’applicazione circoscritta di alte temperature sui tessuti organici, al fine di causarne la distruzione. Intervento invasivo , certo, ma – per un millennio circa – cauterizzare era considerato l’unico sistema per sterilizzare e favorire la cicatrizzazione. Alcuni aforismi del Corpus Hippocraticum  recitano: «Ciò che il coltello non cura, il cauterio cura; ciò che il cauterio non cura, si deve considerare incurabile».

Ferro rovente usato originariamente dai romani per marchiare il bestiame, il cauterio fu poi adoperato anche dai chirurghi per ottenere l’emostasi dei vasi sanguigni interrotti. Lo prediligevano, in epoca medioevale, soprattutto i medici arabi: Abulcasis (Abū l-Qāsim Khalaf ibn ‘Abbās al Zahrāwi), ad esempio, prescriveva la cauterizzazione anche per emicrania, epilessia, letargia e apoplessia; pratica sinceramente cruenta, in questi casi, dato che l’intervento prevedeva di applicare il ferro rovente sulla testa, fino ad esporre l’osso. Per influenza della Scuola Medica Salernitana, il cauterio fu impiegato anche per produrre la suppurazione delle ferite, quando si riteneva fosse utile alla guarigione. A questo scopo, oltre al ferro rovente, si utilizzavano anche l’olio bollente o altre sostanze caustiche che venivano versate sulle ferite.

Fu Guglielmo da Saliceto (1210-1277) che iniziò a sostituire il cauterio con il bisturi. Tuttavia, il termine – modificato via via nel tempo – è rimasto a definire qualcosa di sgradevole, anche in senso figurato. Nel Veneto, soprattutto, è un blando insulto: al dolore fisico, alla tortura sostanziale si è sostituito il fastidio, la molestia. Dare a qualcuno del cauterio, sta per etichettarlo come negativo, antipatico e (questo è realmente un volo pindarico) noioso. Come una zanzara, un assillante creditore, un disturbatore querulo. Qualcosa, insomma, che assomiglia al veneziano pitima, poi entrato nella vulgata italiana come pittima (con il medesimo significato): personaggi che si lagnano sempre, che lamentano di continuo qualche strano disturbo. Nulla a che fare con i ferri roventi, ma il fastidio resta. Il cauterio, così come il Signor Veneranda (ma questa è un’altra storia, tutta da raccontare) ha sempre qualcosa da obiettare, per lo più a sproposito. E l’anima disfattista, spesso, fa danni come il fuoco.