Ebbene sì. La sua è stata un’uscita infelice. Tuttavia gli ha aperto le porte dell’empireo del web e dei social e il suo nome fa brutta mostra di sé sui dizionari on line più gettonati e blasonati.
Lui è il senatore Pd Ernesto Carbone, che il 17 aprile del 2016, commentando “a urne ancora aperte“ la bassa affluenza dei votanti al referendum sulle trivellazioni, che ne ha invalidato l’esito, ha pubblicato l’irriverente tweet: «Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l’importante è partecipare #ciaone!», lanciando il relativo hashtag.
La parola in questione è, appunto, ciaone. Che poi a Carbone va attribuita solo la paternità dello sfortunatissimo hashtag, che alla fine si è rivoltato contro di lui e il suo partito, a suon di sfottò. Soprattutto quando, pochi mesi dopo, Renzi ha fallito il referendum costituzionale.
In realtà l’interiezione era nata tre anni prima dalla fantasia dello sceneggiatore e regista Massimiliano Bruno, nel film Confusi e felici. In una scena, una schizzata ed esagitata Caterina Guzzanti saluta lo psicologo, Claudio Bisio, al termine di una esilarante seduta, proprio con un bel: «Ciaone!». Il termine era passato abbastanza inosservato e, se non fosse partito il dito fatato del senatore Pd, probabilmente non avrebbe avuto tutto questo successo. O insuccesso, dipende da quale punto di vista lo si guarda.
Fatto sta che il neologismo è entrato anche nel dizionario della lingua italiana Devoto-Oli, presentato a Milano il 12 settembre, che da alcuni anni si aggiorna proprio “ascoltando” l’etere e i social. Soprattutto dai social, i linguisti del celebre dizionario traggono spunto per inserire nuove parole, molte delle quali di dubbia eleganza e che non rendono giustizia alla bella lingua italiana (vedi petaloso).
In breve tempo ciaone è diventato un termine virale, al pari di altri partoriti dai cybernauti, al punto che digitandolo su Facebook si aprono decine di pagine e community che si occupano e parlano di tutto: abbigliamento, viaggi, amicizia, musica. Tutte ugualmente intitolate all’accrescitivo di ciao.
Lo stesso accade digitando la parola su Google.
Ma la vera fantasia del popolo italico si è scatenata nelle vignette, nelle immagini, nei fotomontaggi e nei gadget, tazze, bicchieri e magliette: da Hitler a Morpheus di Matrix, dal Marchese del Grillo, alla regina Elisabetta, dalla Gioconda a Kim Jong Un, non ce n’è uno che sia salvato dal fotomontaggio con il ciaone. Fino all’esilarante immagine di Renzi accanto a un gigantesco motorino Ciao Piaggio, un “Ciaone”, appunto, pubblicata all’indomani della débâcle del referendum costituzionale.