Comunità. Sostantivo femminile deriva dal latino communĭtas -atis, comunanza, indica una molteplicità di persone considerate come un’entità organica sotto il profilo sociale, politico, culturale e, per estensione, descrive un insieme di persone che convivono.
È una comunità anche un gruppo di stati che sono uniti da particolari rapporti economici o politici, normati da trattati. Esistono, dunque, comunità religiose, linguistiche, terapeutiche – che sono quei luoghi di cura dove i pazienti partecipano nella gestione quotidiana e vengono quindi responsabilizzati – e agli albori dell’Unione europea vi è stata la Comunità economica europea che riuniva, appunto, stati che avevano sottoscritto i Trattati di Roma. Si può parlare poi di “comunità di intenti”, per indicare la comunanza di obiettivi e scopi, eppure questo termine, dai molteplici usi è spesso considerato troppo vago e indeterminato. Vi sono insegnanti che sconsigliano ai propri studenti di utilizzare il termine comunità nei loro temi e saggi brevi, proprio perché con questo vocabolo si può generalizzare, astrarre, essere superficiali senza scendere nel particolare.
Eppure, che il termine comunità possa avere un’accezione positiva lo ha ricordato anche il sociologo Zygmunt Bauman nel suo Voglia di comunità: nel saggio del 2001, Bauman sottolinea come nel mondo globalizzato, competitivo, individualista, l’uomo sviluppi istintivamente il desiderio di “fare comunità”, creare legami e sodalizi che servano a compensare l’insicurezza. Questo meccanismo, spiega Bauman, però non è risolutivo perché tendiamo a fare comunità solo con i nostri simili, in gruppi omogenei dove ci sentiamo riconosciuti. Quello che servirebbe davvero per costruire una comunità, spiega il sociologo, sarebbe una reale parità di risorse tra cittadini.
E di recente, il termine comunità è stato utilizzato anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno. «Sentirsi comunità – ha detto il Presidente – significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa ‘pensarsi’ dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza».
La sicurezza, secondo Mattarella, parte proprio dalla comunità: dal sentirsi parte di un tutto in cui vi siano regole del vivere comune da rispettare perché ogni membro della comunità le riconosce come tali. E in questo senso, quindi, il sostantivo comunità perde l’indeterminatezza che spesso ha e diventa l’antidoto alla prepotenza, alla criminalità, alle disuguaglianze, inconcepibili in uno stato democratico.