CRITICA LIBRI

Con Scurati per capire qualcosa di oggi

Antonio Scurati

Il libro di Scurati non dice nulla di nuovo a chi è avvezzo a frequentare la storia nei saggi e nei documenti storiografici ma va bene, anzi benissimo, per chi non ha questa consuetudine. In Italia si pubblica di tutto, una caterva di libri di cucina e di cuochi, i nuovi “maitre a penser”, gialli, gialletti, noir, thriller e molta, troppa letteratura d’evasione. Qui e là ogni tanto esce qualche romanzo degno di nota. Quindi ben venga la trilogia, questo è il primo volume, di Antonio Scurati, M Il figlio del secolo, Bompiani 839 pagine disponibile in cartaceo e altri formati; il prezzo è variabile, a seconda di dove lo si compri, io preferisco la libreria di quartiere.

Scurati ha scritto un romanzo di cui si conosce la trama e anche la fine perché è una parte nota e negativa della nostra storia che per alcuni versi si ripropone nei nostri giorni. Nel libro non c’è nulla di inventato, come invece accade ne Le Benevole di Jonathan Littel dove l’autore incentra tutto su un personaggio, frutto della fantasia, anche se basato su verità storiche. L’autore di non ci mette la fantasia ma romanza la realtà dimostrando per l’ennesima volta che la vita reale a volte supera l’immaginazione. Insomma, porta al volgo discorsi e rievocazioni finora destinati agli storici, ai politici e agli italiani di buona volontà.

Si inizia con la Fondazione dei Fasci di combattimento in Piazza San Sepolcro a Milano e da lì si snoda questa prima parte fino al brutale omicidio di Giacomo Matteotti, che è la logica conclusione di un percorso fatto di violenza e sopraffazione, bastonature, incendi e omicidi, imbonimento e vane promesse, giravolte e tradimenti. Nulla viene nascosto e niente viene indorato dall’autore, a partire dagli errori dei socialisti sempre sul punto di fare la rivoluzione, cosa a cui gli italiani non sono usi, e perdere l’attimo favorevole per paura e incapacità pratica, direi anche militare, e politica. E nulla nasconde delle violenze in occasioni degli scioperi e delle brutali reazioni dei fascisti coperti, foraggiati, utilizzati dagli agrari prima e dagli industriali poi. Per non parlare dello Stato che supinamente accetta, subisce e anzi, si avvale dell’opera delle squadracce per contrastare l’ascesa, a tratti inarrestabile del movimento socialista, che comunque non saprà fare di meglio che dividersi e indebolirsi lasciando così campo libero all’avvento del fascismo. Si capisce anche l’abilità di Mussolini di cavalcare l’onda della rabbia dei reduci della Prima Guerra Mondiale, del suo prendersi e lasciarsi con D’Annunzio, a cui rubò molte idee, di saper promettere cose che non avrebbe potuto e saputo realizzare. Anche lui mirava al cambiamento, al rinnovamento di una classe politica corrotta e incapace e che comunque gli servì per raggiungere il potere “democraticamente” , quali Nitti, Salandra, Giolitti, Facta, lo stesso re, ed altri ancora. Ma tant’è, gli italiani sono un popolo di santi, navigatori, cuochi, commissari tecnici, tuttologi e fondamentalmente creduloni pronti sempre a saltare sul carro del vincitore, Franza o Spagna purché se magna.

Per non parlare degli italiani che si lasciano abbindolare, che cedono per paura, per quieto vivere ma anche e soprattutto perché convinti che l’uomo forte possa risolvere e risollevare le sorti dello Stato. Basti pensare che alle elezioni del 1924 la lista fascista raggiunge il 64,9 per cento che porta in dote 356 parlamentari a cui se ne aggiungono 19 eletti in una seconda lista nazionale per un totale di 374 eletti. Eletti con il voto degli italiani, non nominati dal Duce. Se il risultato fosse stato diverso ci sarebbero potute essere possibilità di fermare democraticamente l’ascesa del fascismo anche se si sarebbero aperti nuovi scenari di violenza visto che l’obiettivo ultimo era prendere il potere in qualsiasi modo. L’ipotesi violenta era stata messa già in conto da Mussolini e i suoi accoliti.

Il libro si legge con estremo piacere, scorre e avvince come se fosse un romanzo e non una ferita nella storia d’Italia, nella narrazione c’è spazio anche per il privato di Mussolini, la moglie Rachele, le sue amanti passeggere e sull’influenza che ha sul Duce Margherita Sarfatti, ma lascia ampia facoltà di riflessione su ciò che è stato e che, qualcuno sicuramente troverà delle analogie con il presente, si vorrebbe riproporre ai giorni nostri. Ampio è il dibattito se stiamo correndo il pericolo di un ritorno di tempi bui, di un ritorno del fascismo. Si potrebbe dire di sì anche se non c’è la violenza fisica, cosa che comunque non ci facciamo mancare – raid dei vari movimenti che si richiamano al fascismo non mancano, ma una violenza verbale che si rivolge verso chi è diverso, di pelle, religione, etnia, scelte sessuali, genere. C’è comunque l’individuazione di un nemico che serve a creare uno stato di apprensione continua, di distoglimento dalla realtà, c’è una spinta retrograda che mira ad una restaurazione di concetti vecchi e superati a scapito di conquiste sociali quali aborto, divorzio, libertà sessuali, ecc. E gli italiani sembrano, in larga parte, approvare e premiare con il voto.

Ecco, per tornare all’opera di Scurati, forse per coloro che non conoscono la storia patria e che ancora dicono che il Duce fece anche qualcosa di buono, leggere il libro non può fare altro che bene. Ma il punto resta sempre politico e culturale: hanno gli italiani interesse e voglia di leggere e capire ciò che ha significato il ventennio fascista?

Tanto ci sarà sempre qualcuno che dirà: questo lo dice lei.