IDEE VISIONI

Il concetto di realtà nel percorso di evoluzione spirituale

Il resoconto In Tibet le frontiere della scienza del convegno Scienze della mente e realtà tenutosi alla Normale di Pisa con la partecipazione del Dalai Lama che Gilberto Briani ha scritto per TESSERE suggerisce una serie di spunti intorno ai quali merita raccogliere opinioni. La prima è quella di Andrea Vaccari, autore del libro La relazione come strumento di evoluzione spirituale.

ANDREA VACCARI

Sta diventando sempre più dibattuto e controverso in molti ambiti del sapere il concetto di “realtà” che, insieme a quelli di “mente” e “coscienza”, è stato il fulcro del convegno Scienze della mente e realtà a cui ha partecipato il Dalai Lama e di cui su TESSERE ha dato conto l’articolo del mio amico Gilberto Briani In Tibet le frontiere della scienza.

È argomento al quale ho prestato molta attenzione negli anni di studio che ho dedicato al campo della spiritualità e che trova riverbero nel mio libro di saggistica evolutiva La relazione come strumento di evoluzione spirituale.

Per la persona comune che fin dalla nascita ha imparato a conoscerla e relazionarvisi naturalmente, la realtà può essere descritta come quel mondo percepibile attraverso il proprio apparato sensorio, formato da oggetti animati e inanimati, i quali interagiscono tra loro in base al principio di causa e effetto e sono subordinati a precise leggi fisiche, a cui si è sottoposti come esseri umani che conducono la propria esistenza in quel mondo, nel quale può succedere qualsiasi cosa, in quanto esistente indipendentemente dalla percezione che di esso se ne ha. Questa, a grandi linee, la definizione che la maggior parte del genere umano, credo, condividerebbe senza aver mai pensato di metterla in dubbio.

Sempre più persone, però, si ritrovano in questo periodo storico a sperimentare situazioni particolari, che col tempo le portano a iniziare a dubitare di ciò che hanno sempre percepito come realtà oggettiva esterna separata da sé, senza spesso neanche prenderne immediatamente coscienza, e anche di sé stesse come esseri identificabili con un corpo fisico.

Le sempre più numerose esperienze, casuali o indotte, di viaggi fuori dal corpo e di improvvisi ampliamenti della capacità percettiva della realtà esterna oltre i limiti del corpo fisico, insieme alle ipotesi e ai risultati di discipline scientifiche come le neuroscienze e la meccanica quantistica, contribuiscono infatti a far vacillare in molti l’assoluta certezza, che quella che ciascuno percepisce come realtà esterna, abbia davvero una consistenza oggettiva indipendente dalla percezione di essa da parte del singolo.

Il mio libro parla in effetti anche di questo, sebbene non si focalizzi sulla ricerca di una definizione del concetto di realtà, in quanto più orientato ai temi del risveglio della coscienza e della realizzazione dell’essere umano all’interno del contesto della propria realtà percettiva, attraverso una comprensione profonda del concetto di relazione, delle energie che la regolano e dei principi che vi stanno alla base. In ogni modo, nel paradigma cognitivo esposto nel testo, che fornisce le basi concettuali per un percorso di evoluzione della coscienza, viene anche proposto un concetto di realtà in linea con gli altri argomenti del libro, che si concretizza infine nella semplice, ma non certo scontata asserzione, che tutti i possibili punti di vista sulla realtà hanno lo stesso valore di verità, in quanto ognuno è generato da un diverso livello di coscienza, dal quale la realtà può essere vista soltanto in quel modo.

Questa asserzione potrebbe far storcere il naso a chi è abituato a ricercare una definizione assoluta della realtà, alla comprensione della quale ha sempre creduto di potersi avvicinare con la logica e il ragionamento, col confronto e il dialogo con gli altri, perché sancisce in pratica la futilità di ogni diatriba sulla correttezza di una qualsiasi opinione, la quale dal livello di coscienza di chi la esprime, se coerente con esso, risulta necessariamente vera. Ne consegue che, secondo questa definizione, perde ogni senso, ai fini del miglioramento di una relazione o della ricerca della verità, cercare di convincere qualcuno di qualcosa o intavolare discussioni su un certo argomento, che dal livello di coscienza dell’interlocutore, se questi è onesto con sé stesso, può essere percepito soltanto in quel modo.

La stessa asserzione porta peraltro a un evidente paradosso, perché in quest’ottica, anche il punto di vista che esista una realtà assoluta, esterna e oggettiva, deve essere considerato valido, ma al tempo stesso soltanto uno dei possibili punti di vista sulla realtà. La comprensione profonda e l’accettazione interiore di paradossi come questo, è però uno dei punti chiave del percorso di evoluzione spirituale, perché ha come conseguenza nell’essere umano quel particolare stato di coscienza che prende comunemente il nome di illuminazione, in quanto la mente, non essendo in grado di comprendere il paradosso, si permette di collassare e di delegarne la comprensione alla coscienza, che una volta liberata dal velo di oscurità nella quale la mente la preserva costantemente, vede finalmente la luce sulla realtà. L’illuminazione è però in questi termini un fenomeno transitorio, che svanisce non appena la mente riprende a funzionare normalmente.

Riguardo ai diversi livelli di coscienza di cui parlo nel libro, potrebbe venire fatto pensare che un livello più evoluto di coscienza sia migliore di uno meno evoluto, solo perché è più avanti nel percorso della coscienza in questa sua fase evolutiva. Ma così facendo, si incappa in un altro paradosso, dovuto al fatto che la formulazione di un giudizio su qualcosa, in questo caso di cosa sia migliore o peggiore, appartiene alla sfera cognitiva di un livello molto basso di coscienza, nel quale ricade istantaneamente chi, anche trovandosi su un livello più evoluto, pensa di essere migliore di chi si trova su quello più basso. Come nel precedente caso, anche l’accettazione di questo paradosso può portare a un temporaneo stato di illuminazione, che si verifica al momento in cui la mente riconosce la sua impossibilità di comprendere qualcosa e legittima la coscienza a percepirla al suo posto.

La realtà appare quindi diversa se vista da livelli di coscienza diversi. Dal livello di coscienza della persona comune, viene vista infatti come qualcosa di assoluto, oggettivo e esterno ad essa, in cui esistono oggetti e persone che interagiscono tra loro in forma di eventi. Su livelli di coscienza più evoluti, questa separazione tra sé e il mondo esterno perde lentamente consistenza, e la realtà viene sempre più percepita come la proiezione della propria sfera interiore sullo schermo tridimensionale della realtà, che viene percepita dall’essere umano come esterna, ai fini di una più facile comprensione di sé. La propria psiche genera quindi una realtà esterna, che genera a sua volta emozioni e pensieri, affinché la persona ne prenda coscienza, di cui favorisce in questo modo l’evoluzione spirituale.

Per la persona comune, l’idea che la realtà che percepisce come esterna, possa essere influenzata o persino creata dalla propria mente, contrasta col fatto che tramite la comunicazione con gli altri vive nella continua e condivisa sensazione dell’esistenza di una realtà oggettiva, sulla quale può confrontarsi e interagire, e che costituisce la piattaforma sulla quale si svolge la sua vita. Se mettesse in dubbio l’esistenza di una realtà oggettiva, regolata da leggi fisiche e indipendente dalla propria percezione di essa, dovrebbe rivedere completamente il suo modo di pensare. D’altronde, un percorso di evoluzione spirituale consiste proprio nel riuscire a cambiare il proprio punto di vista sulla realtà, che col tempo, lo studio e la pratica, inizia lentamente a modificarsi e a permettere alla persona di percepire sempre di più il mondo esterno come il riflesso della propria realtà interiore.

Questa ipotesi può inizialmente disorientare o persino sconcertare la persona comune, abituata all’idea di una realtà oggettiva, da cui si sente di non poter prescindere, ma questo senso di smarrimento è dovuto unicamente alla sua abitudine a questo tipo di percezione, consolidata dal fatto di poter comunicare con gli altri sullo stesso piano di realtà. Il fatto che anche gli altri la percepiscano allo stesso modo, è per lei un’ulteriore conferma del fatto che questa realtà esista concretamente. Ma d’altra parte, se le altre persone, come qualsiasi altra cosa del mondo esterno, sono create dalla sua mente, non possono che condividere la sua stessa visione della realtà.

Un modo per cercare di accettare l’idea che la realtà esterna possa essere una proiezione della propria sfera interiore, può essere l’analisi del fenomeno della percezione umana, che avviene primariamente tramite i cinque sensi, i quali trasmettono il risultato delle loro percezioni al cervello in forma di impulsi elettrici, da cui questo ricostruisce le originarie percezioni della realtà. Secondo questo modello, esiste quindi una realtà oggettiva esterna, la quale viene percepita dagli organi sensoriali, che inviano informazioni al cervello, e questo a sua volta le ritrasforma in percezioni. Il tutto sembra tornare perfettamente, ma a un’attenta analisi possiamo constatare che quello che noi percepiamo veramente attraverso il cervello è in effetti soltanto una sua costruzione della realtà, che potrebbe essere sì fedele alla realtà esterna, ma anche parzialmente o perfino totalmente inventata, perché è il cervello che costruisce letteralmente la nostra percezione della realtà, partendo da impulsi elettrici, tant’è che durante la fase onirica è in grado di generare le stesse percezioni, senza che provengano da nessuna fonte esterna. Questa non è una prova inconfutabile che la realtà esterna non esista, ma solo che il cervello crea la percezione di quello che noi chiamiamo realtà. Questo fatto porta a un ulteriore paradosso, che riguarda la percezione stessa dei cinque sensi e del cervello, la quale avviene attraverso lo stesso apparato sensorio, in quanto sono proprio il cervello e i cinque sensi che permettono la percezione di sé stessi. La conclusione è che, paradossalmente, non possiamo davvero sapere cosa ci sia veramente là fuori.

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