LA PAROLA

Concupiscenza

La parola concupiscenza, derivata dal latino tardo concupiscentia, significa letteralmente brama ardente, desiderio appassionato, soprattutto di piaceri fisici, corporali. Più raramente indica avidità d’altri oggetti: per esempio, concupiscenza di ricchezze o di guadagni.

La parola è ammantata di significati religiosi; nella morale cristiana indica la passione intemperante, intesa come predominio della materia sullo spirito, della carne che vince sulla ragione.

Il primo ad utilizzare il termine nel senso di brama di piaceri sessuali è Platone  nella Repubblica: l’anima concupiscibile è quella a  cui appartengono bisogni ed istinti propri per lo più dell’animalità, essa appartiene pertanto agli uomini che adorano collezionare denari ed averi, giacché con questi soddisfano i loro bisogni del cibo e degli amori.

Anche Aristotele usa il termine concupiscenza, sostenendo che il piacere umano ha sia una connotazione spirituale sia una materiale. La concupiscenza è per lui un desiderio prettamente corporeo.

Nella teologia cattolica è la brama di possesso e la debolezza della natura umana che porta l’uomo a commettere il peccato, di qualunque natura esso sia. La concupiscenza non è infatti considerata un peccato quanto un’inclinazione verso il male, ed è ritenuta uno dei segni del peccato originale.

Al di là dei giudizi morali, la concupiscenza continua a designare un desiderio spasmodico per qualcosa di poco spirituale, come il denaro e il sesso. È molto più forte del desiderio, ma quasi sempre molto lontana dall’appagamento.

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