LA PAROLA

Corteṡìa

La parola di oggi è corteṡìa, perché averne un po’ di più male non farebbe, a nessuno. Dice il Vocabolario Treccani che si tratta di un sostantivo femminile derivato dall’aggettivo cortese, sostantivo col quale s’intende un «complesso di qualità, tra cui rispetto verso gli altri, benevolenza verso gli inferiori, liberalità, piacevolezza di conversazione, disdegno d’ogni viltà, difesa degli oppressi e della donna, che, nell’educazione cavalleresca del medioevo, costituivano una caratteristica dell’uomo di corte».

La corte, è vero, non era una gran cosa, anche lì ne accadevano delle belle e non importa scomodar le cortigiane per darsene una ragione o riferir del fatto che oggi chi sta alla corte d’un potente non è certo uno stinco di santo.

E tuttavia quel «complesso di qualità, tra cui rispetto verso gli altri, benevolenza verso gli inferiori, liberalità, eccetera eccetera … », non possono non giungere anche solo come “qualità”, ma, ancor più, come qualità “meritorie”.

Sì, perché anche la rapidità con cui può evolvere un tumore è, di per sé, una qualità, qualcosa che lo “qualifica”, ma di meritorio o, comunque, di positivo c’è proprio poco nel caso specifico.

La corteṡìa, invece, tale è, checché ne dicano quanti non sanno neanche dove stia, ignorano il rispetto verso gli altri, trovano accessoria la benevolenza verso gli inferiori, se ne infischiano della liberalità, non hanno dimestichezza con la piacevolezza della conversazione, si piegano alla viltà, trovano sciocca la difesa degli oppressi e della donna».

Suvvia, non costa poi troppo! Ma non si direbbe, a guardarsi in giro, anche nelle corti.

Fonti: Vocabolario Treccani

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