DAILY LA PAROLA

Crozza

Crozze ovunque, stampate sulle magliette, tempestate di diamanti, tatuate sulla pelle, la crozza è un simbolo esoterico e apotropaico, portato con grande disinvoltura

Se clicchiamo su Google la parola “Crozza”, appaiono al video le foto del noto attore Maurizio, che ne porta il cognome. Sempre su Google, la troviamo nel «vocabolario siciliano – italiano» tradotta in “Teschio”.

Risalivano alla “notte dei tempi” le enormi crozze fossili, rinvenute in Sicilia, i cui scheletri sono esposti in alcuni musei di Paleontologia. Gli studiosi hanno affermato che si trattava di una specie estinta di elefanti nani. Ancora oggi, osservandoli, colpisce il grande foro centrale sulla crozza, da dove partiva la proboscide. Gli antichi la scambiarono per una cavità orbitale e ne scaturì la leggenda dei Ciclopi, raccontata da Omero nell’Odissea, con protagonista il gigante Polifemo, ‘nnurbàtu (accecato) da Ulisse.

Dopo molti secoli, un cantautore ignoto, dopo aver visto una crozza in un curioso contesto, scrisse la canzone «Vitti ‘na crozza» diventata famosa nel repertorio folcloristico isolano. Anche se dissonante, rispetto alle struggenti melodie delle strofe, chi non ne ha mai canticchiato l’allegro ritornello: «la la lalléru lalléru lalléru…»? Molti traduttori del primo verso, amleticamente si chiedono se la crozza è di un uomo o di una donna, se si trovava supra nu cantùni (un cantone) o supra nu cannùni (un cannone) e in questo secondo caso, se riconducibile alla micidiale arma da fuoco o ad una delle torri circolari di avvistamento, tipiche nelle zone costiere del Sud, che qualcuno chiama cannùni.

Nel frattempo la crozza, trasmigrata dalle aule di anatomia, è finita, assieme ‘e canneddi (alle tibie), a segnalare il “pericolo di morte” attaccata sui tralicci dell’alta tensione, affissa nei campi minati e sui contenitori di sostanze velenose. Simbolo esoterico, per alcuni, religioso, per altri, appare su qualche immaginetta di Santi in estasi mistica. Da sola o insieme ad altri oggetti, risalta su vari accessori, compresi i tatuaggi sulla pelle di tante persone. Stampata sui tessuti, scolpita nel marmo e per la notte di Halloween intagliata nelle zucche, quasi a stimolare paure ancestrali, al riverbero tremolante dei lumini.

Da sempre gli esseri umani si interrogano sull’esistenza, avvolti dal mistero si appassionano in controversi dibattiti filosofici e teologici, sulla morte e sull’eternità. Fa discutere ancora, “For the Love of God” (Per l’amor di Dio), l’opera che l’artista inglese Damien Hirst ha realizzato anni fa e che è stata esposta nei musei di mezzo mondo. Cavando i denti ad una crozza originale, li ha incastonati nel calco della stessa, assieme a 8.601 diamanti purissimi, dal valore inestimabile. Lo storico dell’arte olandese Rudi Fuchs a proposito scrisse:

«Il teschio è sovrannaturale, quasi celestiale. Proclama la vittoria sulla decadenza.
Al tempo stesso rappresenta la morte come qualcosa di infinitamente più implacabile.
Rispetto alla lacrimosa tristezza di una scena di vanitas, il Teschio di Diamanti è gloria pura».

Alla crozza! Avranno esclamato le crozze consunte sparse nel mondo. Dalla Catacombe dei Cappuccini di Palermo, alle fosse comuni dei cimiteri civili e militari, da quelle in cenere, sublimate dai camini nei campi di sterminio, alle crozze del Golgota, scosse dal grido di Cristo sulla croce: «Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno». L’eco ancora risuona nell’universo tra il cinico disinteresse e l’indifferenza dei vivi. Altre crozze un giorno, emergeranno dalle sabbie dei deserti, dai sentieri invalicabili delle frontiere, dai fondali dei mari. Non avranno bisogno di artisti che li tempesteranno di diamanti per glorificarli nell’alto dei cieli, ma turbamento e umana vergogna terrena, lasciata in eredità, senza plenarie indulgenze.

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