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Diario di cronista e della sua sofferenza

Un editore delinquente e strozzino. Un direttore salottiero e distratto. In mezzo, un giovane cronista appassionato, sempre in prima linea a denunciare mafie e ndrine, politici corrotti e intrallazzi di ogni genere nella Cosenza dei primi anni duemila. 

Ora, tutti immagineranno il finale. Un colpo di pistola in bocca, una colata di cemento, un corpo da consegnare ai porci. E invece no. Alessandro Bozzo, cronista di Calabria Ora, la vita se l’è tolta da solo, nel salotto di casa il 18 marzo del 2013. Se l’avesse fatto fuori la ndrangheta, avrebbe avuto funerali di stato e sarebbe diventato un eroe nazionale. E invece lo hanno pianto solo gli innumerevoli amici e i colleghi giornalisti mentre su Cosenza calava come un sudario, un immenso e grigio silenzio. 

A rendergli giustizia, arriva il bel romanzo di Lucio Luca, L’altro giorno ho fatto quaranta anni, edito da Laurana, in libreria da novembre 2018. 

«Alessandro ha talento. Lo fermano, lo vessano, lo sottopagano. Poi qualcosa si rompe. E tutto lo schifo che lo assediava e il dolore che montava da dentro, lo inghiotte. Per sempre». Cosi scrive Roberto Saviano nelle note di copertina. L’autore stesso, cronista di “Repubblica” ci accompagna in un girone infernale di turni massacranti, di umiliazioni di ogni genere. Di giornalisti che come tutto compenso ricevono tre pallottole in una busta da lettera e la macchina incendiata. 

«Se un giornalista scopre una notizia, la scrive. Tutto il resto fotte niente». Così scrive Alessandro nel suo diario che, ritrovato dal padre Franco all’indomani della morte del cronista cosentino, fa da filo conduttore alla narrazione. Il romanzo pur scorrendo con il ritmo incalzante della cronaca mostra qua e là sprazzi di poesia. Il linguaggio è crudo e diretto, Alessandro parla lo slang delle periferie, delle tribù giovanili. Ama Chuck Palaniuk e Irvine Welsh ma anche Jack London. 

E tra una riga e l’altra elargisce piccole perle di giornalismo in pillole, lontano dal copia incolla dell’era del web e delle fake news. Da cronista di razza come si diceva un tempo.

«Chissenefrega se mi fanno caposervizio. A me piace la strada, la frase rubata al magistrato, la confidenza dello sbirro in questura… e la telefonata del giorno dopo, del sindaco e dell’assessore che sbraitano…».

Il 14 settembre del 2016, il tribunale di Cosenza ha condannato l’editore Pietro Citrigno a 4 mesi di reclusione per violenza privata. Un piccolo atto di giustizia dovuto, una sentenza senza precedenti nella storia dei rapporti tra giornalista e datore di lavoro nel nostro paese.

«Non è stato facile convincere gli editori a pubblicare questo romanzo, dice Lucio Luca. Ho capito che Alessandro era un rompiscatole da vivo, ma pure da morto non scherzava. E per questo, anche solo per questo, la sua storia andava raccontata».

Scrive Alessandro a conclusione della sua lettera di addio: «Colleghi giornalisti, raccomando, date la notizia, raccontate ai vostri lettori la verità senza nascondere nulla. Siate bravi cronisti. Io ve lo giuro, ci ho provato». Grazie Alessandro, a nome di tutti noi.

Lucio Luca, L’altro giorno ho fatto quaranta anni, Laurana, 2018, € 13,23