LA PAROLA

Dimenticanza

Dice il vocabolario Treccani che la dimenticanza è il fatto di dimenticare, ed essendo una definizione un po’ tautologica bisogna andare al significato del verbo da cui deriva questo sostantivo femminile. Verbo che ci giunge dal latino tardo dementicare, nel quale compare la parola mens, mentis, la “mente”, con la particella de che sta a dire che qualcosa dalla mente si allontana: dimenticare, infatti significa «perdere, anche temporaneamente, la memoria di una cosa, non ricordare» e quando questa perdita c’è, qualcosa appunto se n’è andato dalla mente, lì non risiede più.

Il vocabolario da alcuni esempi di cose che si possono dimenticare, come il nome di una persona, o un numero telefonico, un appuntamento preso con qualcuno, che sembrano frutto di sviste inconsapevoli, ma subito dopo spiega che «dimenticare una persona» è «levarle l’affetto, non darsene più pensiero, trascurarla» e che nel passivo, come per esempio «è dimenticato da tutti», sta a dire che quello «è lasciato in disparte, nessuno ne ha cura».

Dunque è molto sottile il confine che separa vari gradi di dimenticanza, la quale, specifica il vocabolario, è il fatto di dimenticare «non in sé stesso, ma in quanto ha come conseguenza che si ometta o si trascuri qualche cosa»: i proprî doveri, qualcosa per cui si sia infine mancato ad una promessa. «Mettere in dimenticanza» significa «far in modo che d’una cosa si perda a poco a poco la memoria». «Cadere in dimenticanza» sta a dire «scomparire dalla memoria o dall’uso».

Per cui, anziché scrivere la parola dimenticanza per ovviare alla dimenticanza d’aver scritto un’altra parola, avremmo fatto meglio a scrivere la parola «ricordo». Quello non scappa.

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