LA PAROLA

Direttore d’Orchestra

Il Direttore d’Orchestra, è quel matto che si sbraccia da un podio. «Dirigere – diceva Toscanini – può farlo anche un asino. Ma fare musica è un’altra cosa», quindi la domanda sorge spontanea: a cosa serve il direttore d’orchestra? Cercheremo di scoprirlo attraverso il pensiero di chi il mestiere lo ha fatto e lo fa mettendo in gioco se stesso in ogni gesto compiuto che racchiude un intero mondo a parte.

«La prima cosa che chiedo ai giovani: conoscere la composizione, poi saper suonare il pianoforte e avere un buon bagaglio culturale sono le tre cose essenziali se non vuoi essere un vigile urbano ma trasmettere una idea musicale». A parlare è Riccardo Muti.

«Un’orchestra sono cento persone, duecento con il coro: un popolo. Ci sono dentro reazioni emotive diverse, l’abilità del direttore sta nel creare una sensibilità collettiva. Molto è anche una questione di chimica, altrimenti non si comprende come un direttore amatissimo in una orchestra è poi magari odiatissimo in un’altra».

L’uso di una gestualità manuale convenzionale risale al Medioevo, al praecentor, cioè al direttore di coro del canto gregoriano, il quale attraverso movimenti della mano indicava l’andamento della melodia. Nel corso del tempo la progressiva precisione della notazione musicale ha dato vita a gesti direttoriali che indicavano la velocità del brano, il tipo di emissione vocale o strumentale desiderata, il fraseggio e altro. Questo processo ha contribuito a collegare, con crescente aderenza, l’esecuzione delle opere al testo musicale scritto, nonché ad arricchire l’espressività delle composizioni. Con il passare del tempo, ciò ha determinato il delinearsi di due fondamentali funzioni nella direzione d’orchestra: quella del concertatore, responsabile della corretta preparazione tecnico-musicale di un’esecuzione, e quella del direttore, responsabile delle scelte interpretative, legate alla sfera dell’espressione e del contenuto ideale della musica. Non a caso la seconda funzione, ritenuta superiore, compare e si afferma solo nel primo Ottocento con il Romanticismo.

Il direttore d’orchestra in senso moderno, come interprete musicale, nasce dunque nell’Ottocento: secondo Hector Berlioz, compositore francese che va annoverato tra i primi direttori d’orchestra moderni, al direttore è richiesta una conoscenza approfondita sia dell’estensione degli strumenti e della partitura d’orchestra, sia del carattere e dell’atmosfera espressiva dell’opera da eseguire, solo in questo modo riuscendo a determinare quello che lui stesso chiama «sentimento ritmico».

È del direttore d’orchestra l’onere del superamento dell’individualità per arrivare a fare musica tutti insieme. Egli è il responsabile della magia che si crea in sala, colui che dà il colore, l’elemento che filtra la musica attraverso il suo sentire e la esprime con il suo corpo, coniugando tecnica ferrea ed emozione. Dunque è il Direttore che crea l’Armonia, quella sintonia perfetta che esiste tra lui, l’orchestra, il coro ed i solisti. Provate a prendere, anche in questo caso, uno stesso pezzo diretto da Maestri differenti e vi accorgerete che le sensazioni che percepite non sono le stesse, mai.

È questo il miracolo della musica, ogni volta che l’ascoltiamo scopriamo qualcosa di nuovo, ci stupisce continuamente perché è fatta di emozioni pure, da e per gli esseri umani. Vale la pena, a questo punto, ricordare la figura più emblematica tra i direttori d’orchestra nostrani: Arturo Toscanini. Vogliamo, qui, ricordarlo per il suo impegno culturale e civile così come descritto nel sito della Fondazione Toscanini.

«Era tipico del suo carattere voler fare una cosa sola nella vita e volerla fare perfettamente. Nel periodo di lavoro alla Scala (il ‘suo’ Teatro) riforma il modo di rappresentare e di assistere dell’opera: chiede illuminazione e posizionamento in buca per orchestra, luci basse in sala, elimina i bis, vieta ingresso in sala per i ritardatari, cerca unità d’intenti tra cantanti, orchestra, coro, messa in scena, ambientazione e costumi. Il pubblico viene educato a considerare il teatro non come una fonte di svago, ma come un ente dotato di una funzione morale ed estetica che penetra nella vita della società e nella vita di una cultura»

«Amore per la sua Patria; senza ‘se’ e senza ‘ma’: nel 1931 Toscanini è a Bologna per un omaggio al compositore Giuseppe Martucci, ma si rifiuta di dirigere prima del concerto la Marcia reale e Giovinezza ed è aggredito e schiaffeggiato da un gruppo di fascisti. È una Italia che ormai non gli appartiene e decide di non dirigere più fino a quando rimarrà al potere il regime fascista. A seguito di questo suo impegno civile è chiamato a dirigere la neonata orchestra di Palestina formata da ebrei fuggiti dall’Europa per salvarsi alle persecuzioni naziste»

Il percorso per diventare Direttore d’Orchestra è tutto in salita e richiede la “vocazione”, senza la quale è meglio dedicarsi ad altro. Ancora più in salita è farne una professione e richiede “determinazione”, se poi sei anche donna allora diventa una guerra. Maria Luisa Macellaro La Franca è una delle poche donne italiane direttrice d’orchestra. In un interessante articolo de Il Fatto Quotidiano, racconta la sua battaglia per l’uguaglianza uomo-donna nella musica, dove ancora a pochissime donne è data la possibilità di dirigere un’orchestra.

Chiudiamo con una domanda al Maestro Riccardo Muti: Quando si capisce di essere diventati un vero direttore d’orchestra? «Posso solo dire che andando avanti, capisci che non c’è bisogno di fare tanta confusione sul podio. In teoria si potrebbe dirigere anche solo con gli occhi. A me talvolta è successo. Come i dicevano i romani Rem tene, verba sequentur, se c’è la sostanza le parole verranno. Una frase che farebbe bene a tanti nostri politici»