LA PAROLA

Diritti (umani)

La parola di oggi ha al proprio fianco un fondamentale aggettivo. Perché diritto, di per sé, è così definito dalla Treccani: «in senso oggettivo, il complesso di norme giuridiche, che comandano o vietano determinati comportamenti ai soggetti che ne sono destinatari, in senso soggettivo, la facoltà o pretesa, tutelata dalla legge, di un determinato comportamento attivo od omissivo da parte di altri, o la scienza che studia tali norme e facoltà, nel loro insieme e nei loro particolari raggruppamenti». Ma l’aggettivo umano rende la parola diritto molto più ampia, una serie di diritti, che il 10 dicembre 1948, settant’anni fa, sono stati definiti in una carta approvata dall’ONU, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Un preambolo e trenta articoli che fissano i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni essere umano; dove si dichiara l’uguaglianza, la libertà e la dignità di tutti gli uomini, il diritto al lavoro, all’istruzione, e che non c’è da far distinzioni di razza, colore, religione, sesso, lingua e opinione politica.

Questo testo ha una storia lunga, che nasce dalla Rivoluzione francese, ed è una dichiarazione d’intenti e di principi che nel corso del tempo sono diventati giurisprudenza a furia di esser citati, e che si sono anche evoluti e definiti in modi più precisi. La necessità che ha prodotto la Dichiarazione del 1948 è ben chiarita dal Preambolo:«Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; […] L’Assemblea Generale proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione».

Il mondo era uscito dal secondo conflitto mondiale e fra quelle macerie tracciava la propria mappa per la  costruzione di società democratiche e pacifiche, anche se molte altre violazioni gravissime dei diritti dell’uomo si sarebbero verificate ancora e ancora, nonostante questa carta di intenti.

Un articolo della testata on line Osservatorio Diritti ripercorre le tre diverse generazioni di diritti umani nel corso del tempo: i diritti umani di prima generazione, che risalgono alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, cioè i diritti civili e politici tra i quali la libertà di opinione, la libertà di stampa, la libertà di espressione, l’uguaglianza davanti alla legge e il diritto alla sicurezza personale; sempre di prima generazione sono i diritti recepiti dalla Dichiarazione del 1948 e dal Patto sui diritti civili e politici del 1966, come il diritto alla vita, alla privacy e al giusto processo e la proibizione dei lavori forzati, della schiavitù e della tortura. Il Patto protegge anche i diritti di proprietà, la libertà di espressione e di religione e il diritto allo svolgimento di libere elezioni. I diritti di seconda generazione invece sono i diritti sociali, economici e culturali riconosciuti dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, che includono il diritto al lavoro, il diritto di associazione, il diritto all’educazione ed il diritto all’assistenza sociale. Lo Stato quindi in questi diritti si fa parte attiva nel garantire uguali diritti a tutti i cittadini. Infine i diritti umani di terza generazione, che riguardano la collettività e la solidarietà sociale e che comprendono  i diritti delle donne, delle persone LGBT, i bambini, le popolazioni indigene, i rifugiati ed i migranti, oltre al diritto alla pace, allo sviluppo, all’assistenza umanitaria ed alla protezione dell’ambiente. Questi sono diritti rivolti alla collettività e qui lo Stato, oltre ad avere parte attiva, dovrebbe limitare il diritto alla libertà di espressione quando questa viene utilizzata, per esempio, per incitare all’odio razziale o di genere. Proprio quello che succede oggi nel nostro Paese, insomma. Pare che si faccia molta fatica a rendersi conto di come, poi, dalle parole si passi ai fatti, e di come questi fatti tornino a negare diritti umani: forse non a caso, di nuovo in Europa