Composto dal prefisso dis- che, in latino e greco, indica ciò che viene separato, e intermediazione, il termine è solitamente usato in ambito economico e finanziario per descrivere quel processo in cui vengono eliminati i filtri – gli intermediari, appunto, i cosiddetti “corpi intermedi” – tra due parti. Obiettivo di questo processo è fare in modo che la domanda e l’offerta di beni e servizi possano incontrarsi direttamente, senza la mediazione di commercianti, importatori, agenzie di credito e simili, determinando così un risparmio di tempo e, di solito, di denaro.
La disintermediazione è diventata molto semplice con la diffusione di internet: centinaia di persone, accedendo alla rete, possono ottenere direttamente quello che di solito dovrebbero chiedere a uno o più intermediari, appunto. Lo sanno bene molti commercianti, costretti a competere con i prezzi sempre più bassi del web, ma anche chi vende servizi e beni immateriali: si pensi al mercato turistico, che negli ultimi anni ha conosciuto un’impennata del turismo “fai da te” grazie a portali che permetto di acquistare il volo più economico, l’albergo di lusso in offerta, il tour più affascinante in pochi clic e, spesso, con un evidente risparmio.
La cifra del recupero e del risparmio è la chiave, forse, per comprendere come mai il termine disintermediazione venga di solito usato con un’accezione positiva. Ma non è certo l’unica. L’altra cifra della disintermediazione è l’aumento dell’autostima di chi riesce a bypassare i mediatori: organizzare un viaggio, investire in borsa, ottenere musica o film spendendo meno di quanto ci si aspettava dà sempre una certa soddisfazione.
E questo avviene forse, ancora di più, per la disintermediazione applicata al mondo dell’informazione. Nell’epoca delle rete e dei social media, tutti possono trovare e fornire notizie: il politico può dialogare con il cittadino, il quale può decidere di denunciare in rete episodi di vita quotidiana. Chiunque poi, può esprimere il proprio parere, che, in rete, ha lo stesso valore di quello di tutti gli altri. E a questo gioco si prestano, talvolta per necessità altre volte perché vittime di un meccanismo ormai perverso, anche i media tradizionali, che attingono alla rete come fonte primaria di notizie, rinunciando, nella continua rincorsa al tempo reale, a dettare l’agenda dell’informazione. E così come il termine disintermediazione ha un’accezione di solito positiva se si parla di compravendite, per molte persone lo ha anche quando indica l’assenza della mediazione giornalistica.
Nel regno della disintermediazione, quindi, che ruolo hanno i giornalisti? In quanto professionisti dell’informazione, una delle categorie più attaccate, criticate, accusate degli ultimi anni, dovremmo evitare di disperarci e cogliere la disintermediazione come una grande occasione di lustro. Dovremmo tutti imparare a trovare un giusto equilibro tra il seguire – e dare – la notizia in tempo reale e la verifica delle fonti; dovremmo tornare a giudicare le informazioni ricevute dai social applicando valori notizia più severi: saper discerne tra eventi, commenti e polemiche che assumo il ruolo di Notizia – con la maiuscola, che come giornalisti non usiamo quasi mai – da altri che invece non meritano che pochi secondi di attenzione. Fare il proprio lavoro, quindi, con ancora più severità, dimostrando quanto, in alcuni settori, i filtri e i corpi intermedi siano utili se non fondamentali.
Lo dimostra, basta pensarci un po’, la cronaca: senza il lavoro di giornalisti seri nella tragedia di Corinaldo si sarebbe continuato a dire – perché lo aveva affermato anche il primo ministro – che i biglietti venduti erano più del doppio dei posti consentiti. Lo dimostra il comportamento di molti politici: parlano al popolo attraverso i social, danno notizie con tweet, alcuni di loro sottolineano come i rappresentati di certe categorie – le associazioni, i sindacati, gli ordini professionali – non abbiano ragione di esistere, ma poi accettano di sedersi allo stesso tavolo perché quando si deve parlare di riforme e si deve mettere a sistema, un filtro con le centinaia di persone accomunate da scopi e interessi comuni, va trovato. Lo dimostra, molto spesso, la qualità degli oggetti che si acquistano in rete: quante volte il prodotto scelto in foto è ben lontano dall’oggetto scartato dopo l’arrivo del corriere?
E allora anche quando si parla di filtri, intermediari, costi e risparmi è bene trovare il giusto mezzo. E riflettere sul fatto che molte parole composte dal prefisso dis- di positivo hanno ben poco. Disgrazia e disonore ne sono due esempi facili facili.