LA PAROLA

Disperazione

La disperazióne, sostiene il vocabolario Treccani, è lo «stato d’animo di chi non ha più alcuna speranza ed è perciò oppresso da inconsolabile sconforto e da grave abbattimento morale», compresi «gli atti esterni (pianti, grida, ecc.) con cui si manifesta tale stato d’animo». Ma anche, in un altro significato, «persona o cosa che faccia disperare». Si dice infatti «Sei una disperazione» o «le zanzare sono una disperazione», ma è nella prima accezione che oggi, per un attimo, vorremmo prendere questa parola in considerazione.

Viene dal latino desperatio -onis, derivato dal verbo desperare «disperare», che sarebbe meglio scrivere evidenziando la particella: de-sperare. Ci sono casi in cui si dispera o ci si dispera non tanto non avendo più speranza, ma magari anche per una sciocchezza. E ciò non toglie che chi è disperato tale si senta quantunque in vero non ce ne sia motivo. E, ad onor del vero, s’insegna poco a non disperarsi per le inezie.

Le locuzioni che la Treccani riporta sono «condurre, ridursi, essere ridotto alla disperazione», come nel caso di chi ha gravi difficoltà finanziarie; e poi «essere in preda o preso o assalito dalla disperazione». Eccone un’altra: «stanco di lottare contro la miseria, s’è dato per disperazione alla malavita». E infine il coraggio della disperazione, cioè il coraggio di chi, non avendo altra via d’uscita, osa tutto per tutto.

C’è un proverbio da ricordare, però: «Chi visse sperando, morì….».

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