CRITICA LIBRI

I dolori dei giovani all’epoca di Hitler

Uno straordinario classico, L’amico ritrovato di Fred Uhlman, letto da un ragazzo che potrebbe avere l’età dell’ebreo Hans Schwartz o dell’arianissimo e nobile tedesco Konradin Hohenfels, i due protagonisti del libro. Con qualche amara riflessione sull’adolescenza e i legami tra le persone. FILIPPO LUTI

Uno straordinario classico, L’amico ritrovato di Fred Uhlman, letto da un ragazzo che potrebbe avere l’età dell’ebreo Hans Schwartz o dell’arianissimo e nobile tedesco Konradin Hohenfels, i due protagonisti del libro. Con qualche amara riflessione sull’adolescenza e i legami tra le persone.

L’adolescenza è un periodo torbido della vita di una persona; si diffondono le strane ed inedite sostanze organiche che l’apparato fisiologico pompa nelle vene del fanciullo, modificandone l’umore, l’aspetto e la costituzione ed avviando un orrendo processo di mutazione, che tramuta alcuni in sacchi che si trascinano per l’appunto, ed altri in bestie, altri ancora in angeli; non è solo la corruzione fisica, ma anche tutte le idee che sopraggiungono, come la coscienza dei propri limiti e delle proprie possibilità

I popoli crescono e mutano come le persone, hanno una lunghissima vita con momenti diversi? Cosa è stato per la Germania il nazionalsocialismo, un tumore o un periodo giovanile burrascoso? O addirittura un episodio schizofrenico?

La domanda è indirettamente posta nel celebre romanzo breve L’amico ritrovato, un capolavoro della letteratura per ragazzi nell’età dello sviluppo di cui non si sente abbastanza parlare, scritto da Fred Uhlman e portato sullo schermo nel 1989 da Jerry Schatzberg.

Questo tedesco ebreo fu costretto a divenire apolide, fuggendo prima in Francia, anche in Spagna e poi in Inghilterra, per fuggire alla truce biopolitica del Terzo Reich; scampato, divenne famoso come pittore, e poi dal 1971 per il suo grande successo letterario, i racconti che formano la Trilogia del ritorno fra cui quello principale è appunto l’Amico Ritrovato.

La storia incomincia all’inizio degli anni 30’: Il giovane Hans Schwartz appartiene ad una famiglia borghese e benestante di ebrei perfettamente assimilati, con un padre veterano della Grande Guerra ed una madre di peculiare bellezza; egli è introdotto alla pubertà nel modo più consono e più realistico: l’essere diviso tra aspirazioni e desideri sempre crescenti, tra cui si nascondono gli spettri dei desideri sensuali e di potere, e la noia incerta per il mondo grigio e fastidioso della sua quotidianità, tra una scuola banale ed altri ragazzi ancora più banali e stolidi; il grigio di Weimar è fuso nell’esperienza del ragazzino al grigio inevitabile della prima adolescenza, prodromo a sconvolgimenti successivi.

Ma a spezzare questo grigiore arriva inaspettato un angelo biondo: Konradin Hohenfels, nuovo compagno di classe di Hans, è un ragazzo appartenente ad una famiglia legata alla grande nobiltà germanica, e poco dopo l’inizio della frequentazione scolastica, con quell’immediatezza fresca tipica di quell’età, egli diviene amico del moro e giudeo Hans; i due si scambiano pensieri, sensazioni e conoscenze, portando avanti un’amicizia intima e pura come ne possono nascere quasi solo nell’adolescenza, e che possono essere uguagliate in altri periodi della vita solo dalle amicizie virili.

Konradin diviene anche un beniamino dei solari genitori di Hans, ed è l’astro della vita dell’amico; ma ogni volta che è l’algido piccolo Lord ad invitarlo nella sua suntuosa dimora, egli non lo presenta mai ai suoi genitori; una notte, in un teatro, una funesta combinazione fa incrociare le due famiglie e Konradin nega il saluto ad Hans; in una discussione successiva, il nobile rivela che la madre è una sprezzante antisemita ed il padre troppo attaccato al suo parere e al blasone.

Mentre l’amicizia s’incrina, l’inarrestabile ascesa del potere nazista corrompe come in un incubo la realtà quotidiana;

Drammaticamente i genitori di Hans riescono a farlo andare in America con una scusa, per poi suicidarsi e farcelo rimanere, al sicuro dalla persecuzione.

Anni dopo Konradin ha lasciato le sue ambizioni artistiche alle spalle ed è diventato un avvocato di successo; durante un viaggio melancolico in Germania, egli ritrova i necrologi dei suoi compagni di scuola morti… e scopre che Hans fu giustiziato perché coinvolto in una congiura contro Hitler.

Il romanzo breve fu arricchito poi da altri due racconti, Un’anima non vile, scritto sotto forma di testamento fittizio in cui Hans descrive le loro vicende dal suo punto di vista, e Niente resurrezioni per favore, idealmente collegato agli altri due ma con una trama diversa riguardante una riunione di uomini di mezz’età che devono fare i conti col loro passato immerso nell’esperienza della Germania nazista; tutti insieme formano la Trilogia del ritorno.

Le edizioni italiane Longanesi e Guanda ci aiutano a ritornare a questo classico, il quale a sua volta ci fa ritornare, nel suo paradosso narrativo tra interiorità del culto dell’adolescenza e assurdità del dramma storico, in questa vicenda. Per certi versi il libro sembra un Tonio Kroeger positivo dove trionfa una magnifica catarsi anziché una stagnazione esoterica: si possono ritrovare quelle incertezze melmose e quella speranza luminose che affiorano durante l’esperienza adolescenziale, in tutti i mondi e in tutti i tempi; prima che arrivi lo spettro dell’amore per la donna, molto spesso un flusso sanguigno superficiale e mal interpretato, ogni uomo conosce la grande avventura dell’amicizia, che può portare a qualcosa però solo per gli spiriti abbastanza forti; nel genere umano, quest’ultimi credo siano ancora la maggioranza, perché i valori dell’amicizia sono sopravvissuti ancor oggi a tutti i totalitarismi, morbidi o duri.

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