LA PAROLA

Epistocrazia

Per quanto, come l’epistemologìa, attinga all’antico termine greco ἐπιστήμη, che è la “conoscenza scientifica”, la parola epistocrazia ancora non compare nei dizionari consultabili on line, né nella Treccani, né in Wikipedia, né in altri.

Di essa tuttavia si serve Jason Brennan, docente alla Georgetown University e autore del libro Contro la democrazia (Against democracy), uscito per i tipi della Luiss, titolo che va ad aggiungersi a La democrazia dei creduloni di Gérald Bronner, La democrazia non esiste. Critica matematica della ragione politica di Piergiorgio Odifreddi e Democrazia: Storia di un’idea tra mito e realtà di Massimo L. Salvadori o a La democrazia del futuro dell’amico Vannino Chiti, per dire solo dei primi trovati in rete e della criticità in cui viene a trovarsi quest’antico bene giudicato la meno peggiore forma di governo finora sperimentata.

L’epistocrazia, stando a quello che se ne scrive, sarebbe il governo non più del popolo, il δῆμος greco da cui la parola democrazìa trae origine, nel quale la maggior parte dei cittadini non solo ignorerebbe le cose basilari ed indispensabili per governare, ma anche se davvero i loro eletti sanno le cose basilari ed indispensabili per governare, bensì di quanti invece sanno, di chi dispone dei mezzi intellettuali per comprendere e scegliere e decidere il destino proprio e di tutti gli altri.

In altre parole sarebbe il governo dei dotti, o più precisamente ancora di quelli che hanno una conoscenza certa e fondata, scientifica appunto. Quindi, probabilmente un governo degli scienziati, qualcosa di più di quell’idea simile proposta già nel 1861 da John Stuart Mill per il quale il suffragio universale andava anche bene, purché il voto dei colti fosse più pesante e decisivo di quello degli ignoranti. Anziché un premio di maggioranza, insomma, come si dice oggi, un premio alla ragionevolezza.

Da quel che ho letto il ragionamento di Jason Brennan non è poi così peregrino, perché egli nota il circolo vizioso in cui da alcuni anni pare ci si sia andati a cacciare: il fatto cioè che eleggendo ignoranti che vanno a comprarsi la laurea in Albania pur di dire che hanno il pezzo di carta, produce sudditi ancor più caproni che finiranno per votare per una capra solo perché più telegenica di un genio dell’economia col naso storto e il nodo della cravatta mal fatto.

Un tempo, quando la democrazia ha cominciato ad affacciarsi in maniera consistente sulla faccia della terra, essa era ad onor del vero un’oligarchia, un governo di pochi, perché ammetteva al voto in base a ragioni di censo, di quanti quattrini insomma si avevano in tasca. Oggi ci sono tanti squattrinati che vanno alle urne, ma spesso quelli che stanno al governo pensano solo alle tasche di quelli che le hanno già ricolme. Si diceva allora che c’era l’aristocrazia, perché erano i blasonati, i nobili a decidere chi dovesse andare in parlamento o in un ministero, sottintendendo che potevano farlo solo loro. Ma l’aristocrazia, alla lettera, è il governo dei migliori, non degli snob, perché ἄριστος vuol dire “ottimo” e s’intendeva i più meritevoli, coloro che sono moralmente e intellettualmente i migliori o i più valorosi. Ed ovviamente i più giusti.

Ci si ragioni pure intorno a queste questioni, ma che a nessuno torni in mente, in forme vecchie o nuove, di piazzarsi lì e decidere sulla testa di tutti come meglio gli pare. C’è gente che è morta per garantire che questo non avvenisse mai più. Bisogna ricordarlo.

Corrado Augias su “Repubblica tv” illustra il libro di Jason Brennan

Tags