LA PAROLA

Esame

Esame è una parola che in questi giorni rimbalza da un tg all’altro, da un maturando all’altro, da un gruppo whatsapp di mamme in ansia all’altro. Si tratta, come recita la definizione del vocabolario Treccani, di  «attenta osservazione a cui si sottopone un oggetto o una persona e le varie sue parti per conoscerne le qualità, lo stato et similia».

Deriva dal latino exigere, pesare, e così è: veniamo letteralmente pesati nello studio del nutrizionista e dopo il suo attento esame siamo lodati o redarguiti; così come, in diversi momenti della nostra carriera scolastica, professionale, lavorativa, universitaria e nel corso del nostro viaggio di esseri umani, siamo soppesati, interrogati, messi sotto torchio, passati al setaccio da esaminatori più o meno burberi, severi o miti, dall’approccio più o meno rigido, istituzionale, o “sportivo”.

Non si sfugge agli esami; quand’anche avessimo la ventura di naufragare in un’isola deserta, anche lì, novelli Robinson Crusoe, in una landa sperduta, senz’alcuna presenza umana, la vita ci sottoporrebbe al più crudo degli esami: quello della sopravvivenza. Sostenne un esame simile Primo Levi e lo superò, diventando abile al lavoro nella fabbrica del lager, grazie alle sue conoscenze di chimico. L’esame andato a buon fine gli concesse una chance per tentare di sopravvivere.

Siamo sempre sotto esame, tutti, senza distinzione d’età, sesso, razza e religione: per ottenere un lavoro, un titolo di studio, per superare un concorso, nelle relazioni affettive, nei rapporti familiari; nei laboratori di analisi cliniche, come dinanzi allo sguardo di un amico, preoccupato per la nostra brutta cera o per le nostre ultime vicissitudini.

E «gli esami non finiscono mai», ci ammonisce così Eduardo De Filippo già nel titolo della sua ultima commedia, scritta nel ‘73, titolo divenuto modo di dire comune, manifesto programmatico dell’amara consapevolezza tipica del teatro di Eduardo, un corpus che della commedia ha solo la struttura e la vis comica, ma che nei temi e nelle riflessioni è tutto pervaso da una stoica visione dell’uomo e del suo affannarsi nel gioco della vita. Il Guglielmo eduardiano è un antieroe che affronta gli esami con buona volontà e senso del dovere, li supera, si costruisce un’esistenza solo apparentemente ordinata e serena, ma, in realtà, resa mefitica dalla cattiveria, dal pregiudizio e dalla malafede altrui.

Non risponderà all’appello del suo ultimo esame, si sottrarrà alla disamina della sua anima, che un sacerdote avrebbe voluto effettuare, per salvarla in extremis, andando incontro al momento della verità, l’esamone finale di tutte le vite, la morte, mantenendosi fedele alla scelta del silenzio, alla quale aveva improntato i suoi ultimi giorni

Da un esame si può essere costretti dalle circostanze a scappare. Accadde a un mio zio, che durante il ventennio fascista, si presentò ad un concorso per aspiranti progettisti di motori, sostenne l’esame di disegno tecnico, completando l’elaborato in anticipo sui tempi stabiliti, lo consegnò, scrutò ansioso il volto del commissario, che esaminava interessato il suo compito, incassò i complimenti, per poi rispondere «no» alla domanda di rito: «Ma voi, Schiraldi, avete la tessera?»

La tessera del tram era l’unica che possedesse, ma non se la sentì di fare battute. E l’esame non andò oltre. «Mi sembrate un bravo giovane, non avete la tessera e questo è un bel guaio, sentite a me, andatevene, per il bene vostro».

Ma c’è chi da un esame fatale non può fuggire come i prigionieri dei terroristi di matrice islamica: bisogna che dimostrino di conoscere i versetti del Corano e quella conoscenza avrà un’importanza di vita o di morte.

Tra bilance per pesare, prove scritte, orali e pratiche, sguardi indagatori per soppesare, approccio critico o empatico, ansia da prestazione, caffeina a fiumi, consigli ai maturandi, dritte sulle tracce (taciamo sul «traccie» scritto in bella vista sul sito del MIUR, perché non è bello infierire) e versi della celebre canzone di Venditti proposti a tutte le ore dalle radio, come mantra propiziatorio, una cosa è certa, senza aver sostenuto con esito positivo l’esame di Stato il “pezzo di carta” non lo si ottiene, e se già si è provato con risultati negativi, allora non resta che rivolgersi ad un esamificio, un istituto privato dove si sfornano diplomi come fossero maritozzi; così come, per l’agognata laurea, non rimane che fare un viaggetto in Albania  o in altri Paesi, dove la meta diviene facilmente accessibile.

Troppo spazio ci vorrebbe per raccontare i momenti più intensi degli esami vissuti personalmente; le notti insonni, lo «studio matto e disperatissimo», le domande accolte con sollievo, le domande temute e puntualmente propinate all’istante da professori all’altezza della loro fama. Sono tanti i ricordi, e, tra questi, non mancano gags alla Groucho Marx; una per tutte la composta reazione del Prof di Storia Contemporanea allo studente esaminato in contemporanea con la scrivente, che era seduta accanto al malcapitato e stava rispondendo ai quesiti dell’assistente.

«E Mussolini, che aveva conquistato l’Algeria… ». Silenzio di tomba ed assoluta impossibilità di suggerire alcunché. «Guardi… si fermi… L’esame è finito, ci vediamo alla prossima sessione».
«Ma, professore… Mi faccia un’altra domanda…»
«Si faccia lei una domanda e si dia la risposta. Per me l’esame è finito», fu la replica dell’ineffabile Prof.

Concludo con una frase scritta sui muri di Parigi, durante il Maggio Francese, quando ad essere sotto esame furono l’ordine costituito ed un’intera classe sociale. Tutto il portato della borghesia, delle sue convenzioni, azioni e decisioni venne messo in discussione; in una sorta di rovesciamento del gioco delle parti, erano gli adulti ad essere impietosamente esaminati dai giovani, ispirati dal «Passez l’examen, votre avenir est en jeu; examinez le passé, votre présent est en jeu», passate l’esame, il vostro futuro è in gioco veniva detto agli studenti, i quali ribattevano a genitori e insegnanti: esaminate il vostro passato, perché è il vostro presente ad essere in gioco, stavolta siete voi ad essere sotto esame e i voti ve li attribuirà la Storia.