CRITICA LIBRI

Esattezza. L’amaro optional della regola Pulitzer

Paolo Murialdi, uno dei più importanti storici del giornalismo, sosteneva negli anni Ottanta che i giornalisti presto non sarebbero stati “cacciatori” di notizie bensì coltivatori di esse. Lo studioso si riferiva ovviamente ad uno scenario nel quale i professionisti dell’informazione non avrebbero quasi più dovuto cercare le informazioni ma sarebbero stati assediati da una mole consistente di queste, dovendo poi scegliere quale sviluppare e, quindi, coltivare. Il terreno di coltura sembra, però, ancora da dissodare bene per i giornalisti-coltivatori o per chi aspira a quel mestiere. Lo testimonia il libro Il curioso giornalista (Media & Books, 350 pagine) di Mario Nanni, per decenni capo della redazione politica dell’Agenzia ANSA, che ha deciso di scriverlo dopo l’esperienza di componente della commissione d’esame per diventare giornalista professionista.

Il libro, ben oltre le pagine che possono strappare qualche amaro sorriso per l’inaspettata e disarmante impreparazione di una consistente quota dei candidati all’esame, è di certo un interessante manuale per chi deve affrontare tale prova, ricco di spunti, di consigli, di esempi proposti mai con la prosopopea dell’accademico ma di chi ha svolto la professione sul campo e in prima linea. Ma è anche uno specchio del livello di conoscenza e di capacità – come avrebbe detto un mio vecchio professore di liceo – di spezzare il materiale, di ragionare sulla barra della storia, di cercare di capire; uno specchio purtroppo fedele dell’intero tessuto sociale.

Male se qualche sciagurato partecipante ad un gioco a premi televisivo non sa che le Regioni italiane sono 20 o se colloca la Rivoluzione francese nel Novecento. Ma se ciò, o qualcosa di molto simile, accade per chi ambisce a informare professionalmente i propri concittadini è ancor più allarmante.

Questo analfabetismo non già di ritorno ma direttamente di andata ha due genitori dissennati: uno è il sistema scolastico e formativo e l’altro, più soggettivo e per questo più grave, è la mancanza di curiosità, che invece dovrebbe essere uno degli elementi di base del giornalismo. Se un candidato non si è mai chiesto chi sia l’oscuro personaggio al quale è intitolata la via in cui abita, o un altro non sa cosa è stata via Rasella perché – si giustifica – «non sono di Roma», il campanello d’allarme deve suonare forte.

Mario Nanni

Ma il libro di Nanni è ben altro che un lavoro che tende a mettere in ridicolo, magari animato dalla sindrome del reduce, i giornalisti di oggi o gli aspiranti tali. Gli aneddoti di questo genere servono solo a far capire la profondità del problema, al quale non c’è soluzione altra che l’appello a trovare le risorse dentro se stessi per uscire da questa poco encomiabile cifra. E la prima di queste risorse è la curiosità, il voler sapere, l’impicciarsi di altro.

Il dato è preoccupante non solo se riferito ai giornalisti in erba, ma anche e soprattutto per quanto riguarda la superficialità con la quale in seguito – e qualcuno già lo fa – affronteranno il loro lavoro quotidiano. «L’esattezza, l’esattezza e l’esattezza»: le tre regole del giornalismo dettate da Joseph Pulitzer sembrano essere sempre più un optional. Certo, ci sono i tempi ed i modi della produzione giornalistica di oggi, come la necessità di dare alla tempestività un valore che si misura sui secondi o la tecnica forzata dall’industria editoriale del copia-e-incolla, che possono essere invocate ad attenuanti ma non certo come alibi alla rinuncia alla curiosità e al continuo dubbio, al porre e a porsi domande che poi sono l’essenza del giornalismo.

Chi, come chi scrive, ha condiviso con Nanni l’avventura di far parte di una commissione d’esame sa o ha imparato che c’è anche una forte frequenza di tali carenze negli aspiranti giornalisti tra i 35 ed i 50 anni: i più vecchi se la cavano con un po’ di esperienza, i più giovani spesso sanno sorprenderti piacevolmente, come il poco più che ventenne al quale, avendo debuttato nella scrittura su un giornalino scolastico che si chiamava “La Scintilla”, venne chiesto – ma solo come curiosità, il resto dell’esame era andato benissimo – se si ricordasse un altro giornale di molti decenni prima che aveva lo stesso nome anche se in una lingua non italiana. Sentendo rispondere che, non ne era sicuro ma gli sembrava, forse si trattava della “Iskra” del 1900 in Russia, lo avrei baciato…

Sarebbe stato facile indulgere solo alla presa in giro dei “poveri” candidati e delle loro funamboliche risposte o dei loro silenzi. Ma Nanni usa quegli esempi come un buon maestro, per indicare non solo ciò che non si deve fare spiegando invece quali sono le fonti e le tecniche per evitare una figuraccia di oggi ed essere domani un pessimo o mediocre giornalista, che magari “scrive bene” cose incomplete o addirittura sbagliate. Ma tutto ciò, tecniche e consigli compresi, restano niente se non corroborato dalla curiosità che, come il coraggio, se non lo hai nessuno te la può dare.

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