LA PAROLA

Evasione

Evasione, fuga, scappare da una prigione, da un luogo di internamento, ma anche dare una risposta a una pratica amministrativa, non pagare le tasse. Il sostantivo evasione e il correlato verbo evadere hanno molti significati. L’irrinunciabile vocabolario Treccani ne fa un lungo elenco, definendo evasione come «l’atto, l’effetto e il modo di evadere, fuga da un luogo: evadere dal carcere, dal manicomio criminale; l’evasione di un detenuto. Lo sfuggire al compimento di un dovere, o a un impegno. In particolare, evasione fiscale, il sottrarsi in tutto o in parte all’obbligo di pagare un’imposta, che provoca una perdita di entrata per lo stato, ed è punibile con ammende, multe e, nei casi più gravi, reclusione. Liberazione da un ambiente, da una condizione morale o spirituale, o da un modo di vita, che siano divenuti insopportabili o siano causa di disagio e di sofferenza: sognare l’evasione dalla vita di tutti i giorni; evasione dalla realtà nell’immaginazione, nel sogno».

La parola, in senso figurato indica anche una forma leggera di letteratura, detta appunto letteratura d’evasione, che al contrario di quella impegnata, privilegia contenuti più leggeri, in cui prevalgono la fantasia, il sentimento e l’avventura.

Dal latino evasio-onis, a sua volta derivato dal verbo evadĕre, che ha tra i vari significati anche scampare, salvarsi, uscire, venire fuori, il sostantivo è usato soprattutto per indicare la fuga da un luogo di internamento. Un atto illegale, punito ai sensi dell’articolo 385 del Codice penale, che recita: «Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la reclusione da sei mesi ad un anno. La pena è della reclusione da una a tre anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed è da tre a cinque anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da più persone riunite. Le disposizioni precedenti si applicano anche all’imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale. Quando l’evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita».

La storia, la letteratura e il cinema sono pieni di evasioni celebri: da Giacomo Casanova che nel 1756 fuggì dai famigerati Piombi di Venezia, passando dalla cella alle soffitte, attraverso un foro praticato dal compagno di reclusione Marino Balbi, a Frank Morris, che realizzò indubbiamente l’evasione più celebre, fuggendo, la notte dell’11 giugno 1962 dal carcere di Alcatraz.

Come è illegale evadere da un carcere, altrettanto lo è l’evasione fiscale che in Italia rappresenta una vera e propria piaga per i conti pubblici. Maglia nera in Europa, il Bel Paese ha un evasione fiscale che vale almeno 270 milioni di euro, il 18% del PIL.

Il dato è stato reso noto dall’ultimo rapporto 2016 dell’Eurispes, e riportato in un articolo di “Qui Finanza”: «L’Italia avrebbe un PIL sommerso pari a 540 miliardi a cui per dirla tutta ne andrebbero aggiunti almeno ulteriori 200 che non sono stati inclusi in quanto derivanti dall’economia criminale, per un totale di 740 miliardi, sui quali, considerando un livello di tassazione del 50%, l’evasione fiscale vale 270 miliardi. Numeri che fanno il paio con l’ultimo Rapporto sull’evasione fiscale, pubblicato dal ministero dell’Economia e basato su dati Istat, secondo cui il dato oscilla tra i 255 e i 275 miliardi di euro».

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