CRITICA LIBRI

“Full of life” di John Fante: il doppio senso del puerperio

Full of life è un piccolo capolavoro. Dove la comicità irriverente di John Fante, autore di questo romanzo in Italia edito da Einaudi, si mischia a una dolcezza quasi lirica.

Full of life, che alla lettera può essere tradotto come “pieno di vita” e che è un doppio senso tra vitale, energico, appunto, e la condizione di gravidanza della protagonista femminile del romanzo, racconta l’attesa di un figlio. E le dinamiche che si creano tra una coppia affiatata, come molte che si apprestano ad avere un figlio, che si trova a fare i conti con la nuova imminente situazione: da coppia a trio. E lo fa mentre la vita, piena e movimentata, va avanti e porta con sé problemi di ordine quotidiano che devono essere affrontati dai due coniugi in trasformazione.

«Era una casa grande perché eravamo gente con progetti grandiosi. Il primo era già lì, una sporgenza all’altezza del suo punto vita, una cosa dai movimenti sinuosi, striscianti e contorti come un groviglio di serpi». In questa situazione di vita in divenire, che con acume Fante tratteggia nelle prime righe del romanzo, si innescano una serie di episodi tragicomici che potrebbero – sopratutto nella visione superstiziosa  della famiglia di origine di John Fante, protagonista del libro – essere cause le une delle altre, ma che hanno la funzione di portare in evidenza i grandi temi della vita: la nascita, il rapporto genitori-figli, lo sradicamento e l’emigrazione, la fede.

Mentre John osserva con sgomento e preoccupazione, ma sempre con un fondo di dolcezza e tenera apprensione, i cambiamenti di Joyce – «Lei era molto graziosa, i suoi occhi grigi erano incredibilmente luminosi. C’era qualcosa di nuovo che si era aggiunto a quegli occhi. L’assenza della paura. Era sorprendente. Ti costringeva a distogliere lo sguardo» – Joyce cerca la sua nuova dimensione, spaziando dalla puericultura al giardinaggio con una velocità sorprendente e dedicandovisi con tutta la passione di cui è capace. Finché in questa altalena di sentimenti, spesso contrastanti, e di equilibri da riscoprire entra in gioco il padre di lui: l’emigrante italiano Nick.  Che con le sue italianissime credenze, tratte a piene mani dalla tradizione popolare, e le ottusità di un uomo semplice che ha vissuto per la famiglia e per la terra e che non concepisce nessun altro interesse degno di essere coltivato, altera apparentemente il precario equilibrio dei due sposi, in realtà e inconsapevolmente per ricostruirlo.

In tre ad attenderlo è stato il primo titolo che l’edizione italiana di questo romanzo del 1952 ha avuto quando, nel 1956 veniva pubblicato da Mondadori con la traduzione di Liliana Bonini. Un titolo fuorviante, però, per un’opera che gioca proprio sull’attesa della madre e sull’osservazione di questa da parte del padre. Così come poco calzante è sembrata a chi scrive l’introduzione di Paolo Giordano di questa recente edizione Einaudi. Lo scrittore intitola la sua analisi “Dalla parte di Joyce”, sottolineando in tutto il testo come il futuro padre sia, come molti futuri padri, spaesato e spaventato dai cambiamenti della compagna, quasi ignaro di ciò che le sta accadendo e senta perciò il bisogno di ricorrere alla famiglia di origine per sentirsi, di nuovo, al sicuro. Vista da questa prospettiva la povera Joyce rientra nella schiera della mogli e delle madri che hanno accanto eterni Peter Pan, che mai le comprenderanno appieno e mai saranno in grado di sostenerle. Ma John Fante protagonista del romanzo, al contrario, osserva con una gamma di sentimenti molto contrastanti le mutazioni della compagna con l’unico scopo di farla stare bene e non sottomettersi, mite, per stare bene – e non essere così infastidito.

In Full of life, quindi, si ritrovano talvolta esasperati, spesso divertenti, a tratti grotteschi, episodi e momenti che molte coppie in attesa di un figlio si trovano a vivere. Quelle, perlomeno, che prima dell’apparizione della “sporgenza”, per dirla con le parole di Fante, vivevano in armonia e desiderano continuare a farlo.