LA PAROLA

Gioia

Che gioia vedere un amico o uno sconosciuto che ci sorride! La bellezza di un sorriso gioioso! Si apre il cuore e, in quel momento, si sa di ricevere il regalo più grande che un essere umano può immaginare! Il sorriso è il messaggio universale della gioia, ne è il suo annuncio, è lo spirito mercuriale che fa vibrare l’anima e il corpo: nella gioia, il corpo danza, balla, salta, tutto diventa movimento! La gioia invade l’essere, connette lo spazio interno con quello esterno, il soggetto con l’oggetto; perciò il corpo, nella sua essenza, si apre al mondo e accede immediatamente a una dimensione creativa fonte di scoperte e conquiste.

La complessità di questa emozione viene evidenziata da un sottile paradosso. La reazione somatica della gioia non è solo un movimento esteriore: si può esprimere anche con un movimento interiore profondo come il pianto. Si piange di gioia! Si sorride e si piange di gioia contemporaneamente, in un misto coinvolgente e confuso di reazioni contrastanti, eppure dominate dalla stessa pulsazione.

È interessante notare come l’emozione opposta della gioia, la tristezza, abbia una reazione somatica identica: il pianto. Ma la sua qualità è diversa perché, nella tristezza, il pianto è accompagnato da singhiozzi e movimenti che tendono a racchiudere l’essere in una bolla impenetrabile. Il pianto della gioia è invece spontaneo, tanto che anche l’orgasmo, lo stato di eccitamento liberatorio per eccellenza, può essere accompagnato da un sano pianto di gioia!
«…la sua bocca è tutta dolcezze/Il suo essere è gioia senza fine…» recita il Cantico dei Cantici.

La gioia è liberazione! Anche il pensiero, sotto la spinta emozionale della gioia, cambia di qualità, diventa più flessibile ed elabora con leggerezza anche i pensieri più pesanti. Diviene libertà da noi stessi, dalla tirannia del nostro io che ha paura di lasciarsi andare, che vuole controllo, ordine, dominio e vigilanza.

La gioia non sopporta nessun giogo razionale, la gioia è libertà, è come una seta che fruscia al vento disegnando giravolte imprevedibili, è come la spuma della cresta dell’onda che si sparge allegramente sulla spiaggia. La gioia è cosa diversa dalla felicità, che è legata alla soddisfazione, che riempie ma lascia a terra, che placa e accontenta, come il bambino che chiede irrequieto un gioco e che, una volta ottenuto, si rilassa e si pone tranquillo a giocare.
La gioia è una scintilla: «sprizzare di gioia» accende l’essere e trasporta lontano…la felicità è come il mare calmo che si distende e crea la vastità di una musica.

La felicità è, oggi, spesso associata al concetto di benessere, molto spesso materiale, mentre la gioia ha una testura più fine, adiacente alla dimensione filosofica e spirituale dell’essere: l’estremo della gioia, non a caso, è l’estasi e questo riporta alla radice sanscrita della parola gioia che è yui, (stessa radice della parola yoga) tradotta generalmente come «unione dell’anima individuale con lo spirito universale».

Il Dalai Lama nel suo Il Libro della gioia, che riporta le sue conversazioni con Desmond Tutu, ricorda che, in realtà, la gioia è un diritto di nascita per tutti gli esseri umani e che è molto più importante della felicità. Fa notare che il concetto di gioia è molto più vasto, mentre la felicità dipende spesso da circostanze esterne, la gioia prescinde da esse. La gioia potrebbe essere o diventare uno stato permanente dell’essere al contrario della felicità che, come sappiamo tutti per esperienza, è uno stato effimero, passeggero e può svanire con estrema facilità.

Come ottenere uno stato gioioso duraturo dell’essere? Questo sembra possibile solo se, come persone, diveniamo capaci di stabilire relazioni di profondo rispetto reciproco con “gli altri”, abilità che sicuramente implica una rinuncia delle nostre ambivalenze ed esigenze, magari sviluppando quel senso di compassione che, come scrive il santo tibetano Milarepa: «abolisce la differenza fra sé e gli altri».

La gioia, dunque, non come qualcosa che s’impara ma come qualcosa che si vive e si può realizzare, solo che si rinunci alla propria individualità per sublimarsi in uno spirito fraterno di comunanza gioiosa: «Gioia, bella scintilla divina,/figlia degli Elisei,/noi entriamo ebbri e frementi,/celeste, nel tuo tempio./La tua magia ricongiunge/Ciò che la moda ha rigidamente diviso,/tutti gli uomini diventano fratelli,/dove la tua ala soave freme» (Friedrich Schiller)

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