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Gli androidi, i tycoon e noi

Blade Runner, e ancor più Blade Runner 2049, offrono la visione di un mondo distopico, malato e senza speranza. Ma quanto il mondo reale è lontano da quello dei replicanti di Philip Kindred Dick?

Rutger Hauer è morto nel 2019, esattamente com’è successo al suo più famoso personaggio, l’androide Roy Batty, nel tempo fittizio del film Blade Runner.

Il paradosso di Roy Batty – la macchina da guerra umanoide che intraprende un cammino al termine del quale comprende il senso dell’umanità, superando la propria crudeltà e disumanità iniziale – è magistralmente interpretato da Rutger Hauer, attore specializzato in eroi carismatici ma sfortunati, che fa trasparire con estrema efficacia il nascosto lato buono dell’androide.

Nel sequel, Blade Runner 2049, il replicante impegnato in un viaggio di rinascita è invece il protagonista, l’agente K, non un ribelle violento, ma un crumiro intento a “ritirare” androidi non “integrati”; dopo una lunga e sofferta indagine e nonostante le delusioni, decide di non abbandonare il proprio desiderio di giustizia proprio nel momento più nero e prossimo al suo “spegnimento”, in qualche modo creandosi un lieto fine simile a quello di Batty.

È interessante paragonare non solo i replicanti dei due film, ma anche i rispettivi tycoon che tengono in mano le redini della grande industria; il primo, Tyrell, è uno scienziato autentico, che intende creare non solo prodotti, ma opere d’arte viventi, da cui poi viene annientato quando entrambi si accorgono di non poter andare oltre i loro ruoli sociali.

Il magnate nel secondo film, Wallace, si è impadronito della grande industria degli androidi, imponendosi come salvatore positivista dell’umanità; eppure, dietro le luci della ribalta, emerge il suo assoluto cinismo verso il genere umano;  vede i replicanti non come opere d’arte, ma come puri strumenti da impiegare, un esercito di riserva per garantire, creando colonie extra-mondo, la salvezza di un’umanità che probabilmente egli vede come un branco d’idioti necessitante di controllori.

Se a Tyrell e ai suoi replicanti è il sistema capitalistico ad impedire di raggiungere nuovo potenziale e la libertà, nel secondo caso, il più scafato Wallace integra perfettamente la violenza nel sistema, ammettendo la sua ingiustizia, ma tutelando a ogni costo lo status quo.

Il viaggio spaziale è ancora remoto, ma siamo sicuri che i replicanti non esistano davvero? Che non siamo attorniati da un esercito di macchine dall’aspetto umano, con una data di scadenza e terribili restrizioni che precludono loro un’autentica umanità? Desiderose di qualcosa che loro stesse non riescono a capire? Se invece questi robot fossero addirittura i nostri parenti, i nostri amici, i nostri vicini di casa, mischiati fra di noi, indistinguibili se non con uno studio attento?

Da una certa prospettiva così appare l’innumerevole fauna di “apocalittici” e sottoproletari che affollano le periferie di una civiltà ormai globale, un’Occidente che non è solo più patria o popolo, ma impero ecumenico anche nel suo altro significato di Ponente, tramonto.

E allora vien da chiedersi chi siano i vincitori in questo campo e se sia plausibile parlare di darwinismo sociale, di autorealizzazione quando per lo più c’è solo una meschina rivalità fra vicini di casa, egualmente defraudati dalla vera plutocrazia, la finanza neoliberale.

In questo scenario non c’è stato bisogno di perfezionare la genetica per creare un esercito di golem a scadenza programmata e dalla personalità mutilata: depressione, crimine e dipendenze rendono possibile applicare l’obsolescenza programmata a tutti gli indesiderabili, validi solo se possono consumare uno straccio di benessere oppure super-lavorare per arricchire i propri padroni.

Su tutto svetta l’infallibile Dio economia, contro cui ogni critica equivale a una bestemmia: quanto hanno davvero pagato i devastatori dei conti pubblici e privati delle nazioni? Hanno pagato tanto quanto i ceti medi accusati di aver vissuto “sopra alle proprie possibilità” illusi dai rituali vuoti del consumismo?

Paradossalmente, mentre intravediamo al meglio gli orrori e gli errori del nostro attuale sistema socio-economico, siamo diventati anche più refrattari ad ogni tentativo di cambiarlo o riformarlo; siamo tanti Fantozzi che prima imprecano e poi piegano il capo davanti ai giovanotti sorridenti, dallo sguardo fisso, che nascondono il pelo di faina dietro completi firmati e emoticon arcobaleno.

Mentre millantano un mondo più libero, aperto e buono, con una mano salutano e con l’altra firmano, assicurando morte e sofferenza; nessuno batte ciglio se milioni di giovani europei non hanno la possibilità di fare una famiglia; se milioni di altri giovani dall’Africa affrontano truffe mortali alla ricerca di un paese dei balocchi che non c’è; se innocenti vengono massacrati in infinite guerre energetiche fra i confini artificiali del morente mondo arabo; se gruppi criminali prosperano grazie al riciclaggio del denaro. Le vittime di questi disastri sociali sono vittime della propria programmazione.

Se i Tyrell del capitalismo faustiano sono ormai estinti, allora i responsabili delle nostre disgrazie sono tanti algidi Wallace, intenti a coltivare fortune con una finanza che distrugge il mondo reale, consumando l’anima generale dei popoli e quella singolare degli individui; Arconti vestiti da nerd arricchiti, che stendono un mantello di progresso fittizio su una montagna di oro putrescente e macchiato di sangue, sopra cui siede il più osceno dei Demiurghi.