MEMORIE

Gramsci e Levi, due intellettuali impegnati e poliedrici

Immagine di Giovanni Tagliavini

Due intellettuali impegnati e poliedrici. Entrambi difficilmente etichettabili nell’ambito dei settori in cui hanno operato e accomunati anche da un’atroce destino: la costrizione. Antonio Gramsci, in carcere per 10 dei vent’anni a cui fu condannato «per impedire al suo cervello di pensare», e Primo Levi, deportato e recluso dal dicembre 1943, quando fu arrestato poco dopo essere salito in montagna a fare il partigiano, fino alla fine del 1944, quando i russi liberarono Auschwitz, per non contare i mesi che impiegò a tornare a casa ed ha descritto nella Tregua.

Immagine di Giovanni Tagliavini

Poliedrici perché il primo – a tutti gli effetti considerato l’artefice della nascita del Partito comunista italiano, terzinternazionalista alle origini, ma, anche per il segno da esso impressogli, “il più anomalo” nel panorama dei partiti comunisti d’occidente – è a pieno titolo considerato un filosofo; un “suo malgrado” ispiratore di nuovi approcci alla critica letteraria; un critico teatrale; e scrittore di fiabe, poi senza alcun dubbio un giornalista, un teorico dei mass media, un esperto di comunicazione, un maestro di giornalismo che di giornali ne ha fondati più d’uno, a cominciare da “l’Unità”.

E perché il secondo, a lungo restio – ma anche sminuito dal mondo della letteratura ufficiale che a lungo l’ha considerato solo un testimone del Lager, incurante dei premi che ha vinto e delle opere – a farsi chiamare “scrittore” – guadagnando di che vivere facendo il chimico, mestiere che contribuisce a salvarlo dallo sterminio, e il direttore del personale di una fabbrica di vernici – e invece a tutti gli effetti autore di racconti, un romanzo, articoli di giornale, saggi, libri tanto indimenticabili quanto inclassificabili, addirittura poesie e fantascienza, spaziando nell’astronomia, nella zoologia, nell’etologia. E anch’egli, per tutta la vita, sempre pronto a battersi e impegnarsi per un ideale, fosse anche solo quello di non far dimenticare.

Immagine di Giovanni Tagliavini

Di Gramsci e Levi è ricorso quest’anno in aprile – il 27 il primo, l’11 il secondo, rispettivamente 1937 e 1987 – l’anniversario della morte – l’ottantesimo e il trentesimo – e la neonata piccola casa editrice TESSERE (anche associazione e rivista culturale on line www.tessere.org) nell’occasione ha pubblicato due volumi che colgono questo impegno e questa poliedricità comuni ai due intellettuali: la raccolta degli scritti di Gramsci da giornalista e sul giornalismo (comprese le lettere) curata da Gian Luca Corradi con prefazione di Luciano Canfora e postfazione del portavoce di Nilde Jotti alla Camera e l’“appassionata” biografia di Primo Levi scritta da Daniele Pugliese, che ha avuto in gioventù uno scambio epistolare con lo scrittore torinese da cui ne è sortito il libro di racconti Sempre più verso Occidente, arricchita dalla prefazione di Massimo Giuliani, cattedra di cultura ebraica all’Università di Trento e “ambasciatore” di Primo Levi in Israele e negli Stati Uniti e dal ricordo di uno degli ultimi giornalisti che intervistarono l’autore di Se questo è un uomo e de I sommersi e i salvati, Andrea Liberatori, 90 anni da poco compiuti, a lungo capo redattore de “l’Unità” dove hanno lavorato anche Pugliese e Frasca Polara.

Non accorgersi di questa plurima similitudine tra Gramsci e Levi, pur ovviamente nella loro diversità, è sminuirne la complessità, il valore che entrambi hanno avuto, ed hanno nella cultura italiana, perché di figure di spicco – vuoi nel campo della politica come in quello della letteratura, dell’elaborazione filosofica come appunto della passione civile e della volontà di testimoniare e lasciar traccia – ve ne sono state certamente molte altre, ma non molte così poliedriche, sfaccettate, caleidoscopiche.

Immagine di Giovanni Tagliavini

Nessuno dei due in vita è stato insignito dei meriti che poi gli sono stati riconosciuti, e a lungo di entrambi si è detto bene, ma non propriamente laddove hanno eccelso: quasi che a lungo non ci si sia accorti dei terreni che stavano esplorando, o vedendoli solo in un contesto facile a distinguersi, senza le implicazioni che il loro faticoso lavoro ha poi meritato di essere ammesso.

In entrambi i casi è difficile credere che le sommità raggiunte, tali da renderli autori ovunque traducibili, assai più di cattedratici di fama, sedicenti scrittori, filosofi per concorso, non siano riconducibili allo stato di violenza fisica e psicologica a cui per diverse ragioni, ma dallo stesso regime, sono stati sottoposti, quasi che la limitazione abbia permesso il superamento dei limiti, la coercizione un’illimitata libertà di pensiero, i condizionamenti un’apertura senza pari, l’impedimento una reattiva disciplina a cui entrambi si sono addestrati.

Immagine di Giovanni Tagliavini

Ciò ha fatto sì che le loro opere, numericamente contenute data anche la ristrettezza del tempo loro concesso dalle avversità della vita, siano davvero un pilastro ex-tempore, qualcosa che travalica l’epoca a cui hanno appartenuto, degli assoluti dati non dal desiderio di affidare tale compito ai propri lavori, ma derivato dalla loro capacità di riecheggiare a distanza di anni e di rimanere nell’ambito di quanto l’ingegno umano ha saputo partorire sentendosi partecipe di un’umanità che vive più di una generazione, si tramanda di generazione in generazione divenendo ciò che solitamente si chiama “un classico” e che appunto non conosce la sfida del tempo, delle mode, dell’attinenza al solo periodo in cui quelle opere sono state realizzate.

Con quest’occhio strabico – strabico come certi saltellamenti, certe divagazioni, certe incursioni presenti nelle opere di entrambi – è possibile leggere Antonio Gramsci e Primo Levi, accomunati anche dal desiderio di essere chiari e comprensibili in quanto hanno scritto, e tracciarsi un proprio filo conduttore almeno ideale, ma anche metodologico, che guidi non solo a comprenderli meglio, ma a meglio porsi dinanzi alle cose del mondo, a quanto ci sta dinanzi, a quanto ci attende nell’immediato futuro e, se ci sarà, in quello a più lunga gittata.

ANTONIO GRAMSCI, Il giornalismo, il giornalista. Scritti, articoli e lettere del fondatore de “l’Unità”, a cura di Gian Luca Corradi, introduzione di Luciano Canfora, postfazione di Giorgio Frasca Polara, TESSERE, 2017

, Questo è un uomo. Biografia appassionata di Primo Levi, introduzione di Massimo Giuliani, con un ricordo di Andrea Liberatori, TESSERE, 2017