IL NUMERO

22.000

Sarebbero 22.000, secondo i dati diffusi dalla NASA, i pezzi orbitanti intorno al nostro pianeta di dimensioni rilevabili dagli strumenti, che l’uomo ha abbandonato nello spazio. Li chiamano “space debris”, sono satelliti, sonde, rottami di veicoli, ma anche “souvenir” più o meno volontariamente lasciati da astronauti di varie missioni: macchine fotografiche, guanti, spazzolini da denti, attrezzi, fino a giungere ai sacchi d’immondizia prodotti dagli occupanti della stazione orbitante MIR in quindici anni di attività. Si potrebbe pensare a questi ‘cimeli’ con fierezza, se non fossero già catalogati come problema da risolvere e alla svelta.

Un problema costosissimo e per nulla semplice. Le stime parlano di decine di migliaia di oggetti d’origine umana, di varie dimensioni e nazionalità, che orbitano attorno alla Terra in zone diverse e a una velocità non inferiore ai 28.000 Km l’ora. Oltre alla velocità con cui viaggiano, desta preoccupazione il numero degli oggetti potenzialmente pericolosi che l’uomo ha abbandonato nello spazio.

Questo movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. Di ogni rifiuto spaziale conosciuto è stata calcolata l’orbita. Il problema più grande è rappresentato dalle centinaia di migliaia di pezzi così piccoli da non poter essere individuati, veri e propri proiettili vaganti. Non basta: in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita circa 1.150 nuovi satelliti. Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere “pulito” lo spazio.

“Spazio, ultima frontiera…”; così iniziavano tutti gli episodi della serie televisiva “Star Trek”. Oggi la “frontiera” spaziale è stata ripetutamente varcata, al punto da essere invasa dai nostri rifiuti e già ridotta a pattumiera