DAILY LA PAROLA

Isola

L'isola deserta è un vero e proprio topos letterario ma, come insegna John Donne, nessun uomo è un'isola perché, che piaccia o meno, ciascuno è una parte del genere umano

Che cos’è un’isola – dal latino insula, termine dall’etimologia incerta riconducibile forse a in, dentro, e salum, alto mare, quindi qualcosa che sta in mezzo al mare – lo sappiamo tutti: una porzione di terraferma completamente circondata dalle acque, che siano di un oceano, di un piccolo mare, di un lago, di un fiume. Insomma, un pezzo di terra che non ha, almeno apparentemente, appigli con altre terre. Eppure non c’è bisogno di scomodare la teoria della deriva dei continenti per intuire che gran parte delle isole sono in realtà tratti di terra emersa di un unicum nella profondità delle acque.

Per questo un’isola può affiorare oppure scomparire, può formarsi per erosione o per accumulo di materiali, magari dovuto a un’esplosione vulcanica. Può essere essa stessa un vulcano, in sonno o in improvvisa eruzione, come ci raccontano le cronache dalle Eolie di questi giorni.

In ogni caso l’isola ci riconduce sempre all’idea di solitudine, non a caso dalla parola isola derivano isolare, isolamento, isolato. L’isola deserta è un vero e proprio topos letterario, prima e dopo il Robinson di Defoe. Eppure è proprio la letteratura, come sempre, a rovesciare il tavolo, a sparigliare le carte. Ricordate la poesia di John Donne, “rubata” da Hemingway per il titolo di Per chi suona la campana? Risale a oltre quattro secoli fa ma, rileggendola oggi, in cupi tempi sovranisti, suona di straordinaria modernità.

«Nessun uomo è un’isola,/ completo in se stesso/ ogni uomo è un pezzo del continente,/ una parte del tutto», recita la poesia di Donne. E prosegue: «Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare/ l’Europa ne sarebbe diminuita/ come se le mancasse un promontorio/ come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi/ o la tua stessa casa». L’Europa, capite? L’Europa! La coscienza civile ha radici lontane.

Non c’è bisogno di fare l’esegesi di versi così trasparenti: «La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce/, perché io sono parte dell’umanità». Poi il rintocco finale: «E dunque non chiedere mai per chi suona la campana. /Suona per te».

Nessun uomo è un’isola: dovremmo ripeterlo come un mantra. La cultura ci salverà.