IL PERSONAGGIO

Josè Antonio Abreu, l’economista del sogno musicale

Nel 1939, in Venezuela, nasce un uomo che, dopo essersi laureato in economia ed aver cominciato ad insegnarla all’Università, decide di diplomarsi in composizione al conservatorio e, dopo aver imparato la musica, decide di spanderla in ogni dove perché è qualcosa che «permette alle persone, a tutte le persone, di integrarsi con successo nella società». A partire dai barrio di Caracas, fino a Berlino dove ci sono i Philarmoniker. Si chiama Josè Antonio Abreu.

Nel 1939, in Venezuela, nasce un uomo che, dopo essersi laureato in economia ed aver cominciato ad insegnarla all’Università, decide di diplomarsi in composizione al conservatorio e, dopo aver imparato la musica, decide di spanderla in ogni dove perché è qualcosa che «permette alle persone, a tutte le persone, di integrarsi con successo nella società». A partire dai barrios di Caracas, fino a Berlino dove ci sono i Philarmoniker. Si chiama Josè Antonio Abreu.

Portraitfotos vo Edicson Ruiz am 11.10.2008 in Berlin

Edicson ha le mani molto grandi, un po’ sproporzionate rispetto al resto del corpo, il sorriso di un bambino cresciuto troppo in fretta, due occhi vivaci che non ti mollano nemmeno un attimo, e l’andatura dondolante di un personaggio schizzato fuori da un fumetto.

È nato e cresciuto in un barrio di Caracas, in una delle tante zone povere e malfamate di una città fra le più pericolose al mondo. È cresciuto per strada, come del resto tanti suoi coetanei, ma alla fine ce l’ha fatta: lo ha salvato la musica.

Oggi Edicson Ruiz, a poco più di vent’anni è il primo contrabbasso dei Berliner Philarmoniker ed uno dei più apprezzati solisti del mondo, ed ha portato la sua fidanzata Marta a Berlino, per farle studiare architettura.

Centocinquanta orchestre giovanili e centoquaranta infantili, un numero incredibile di cori tra cui uno di bambini sordomuti, 250.000 tra bambini e ragazzi che hanno imparato a suonare uno strumento musicale e fanno parte di un’orchestra. In trent’anni, ossia da quando è nato il progetto Abreu, nessuno di loro ha abbandonato lo studio e l’impegno.

Questi sono i numeri, ma se si guarda dentro al progetto, si può capire meglio come sia potuta nascere e crescere questa storia.

Josè Antonio Abreu nasce in Venezuela nel 1939. Si laurea in economia e comincia ad insegnare all’università, ma la sua passione, e forse anche il suo destino, è la musica; si diploma al conservatorio in composizione e dopo qualche anno, nel 1975, crea il suo metodo: “El Sistema”, che dirigerà per molti anni.

«In passato le arti erano materia di minoranze per minoranze, poi sono diventate materia di minoranze per maggioranze. Oggigiorno sono materia di maggioranze per maggioranze e un elemento chiave di apprendimento, permettendo alle persone, a tutte le persone, di integrarsi con successo nella società».

Questa riflessione fa parte della filosofia che è alla base del Sistema: «Il sistema opera su tre livelli fondamentali: la sfera personale sociale; la sfera familiare; la sfera comunitaria. La cosa più miserabile, più tragica della povertà non è la mancanza del pane o di un tetto. È sentirsi nessuno. Per questo lo sviluppo del bambino nell’orchestra e nel coro gli fornisce un’identità nobile, lo trasforma in un modello per la sua famiglia e per la comunità. La musica permette di crescere spiritualmente e mentalmente. È l’arte che riesce a riconciliare la volontà e l’anima. Il giovane diventa artista ed ottiene un riconoscimento sociale, diventa l’orgoglio della famiglia ed ha il suo riscatto».

Difficile trovare parole più efficaci di queste di Abreu per descrivere l’intuizione sulla quale poggia l’intero sistema. A due anni dalla nascita, El Sistema inizia a mietere successi: nel 1977 vince un concorso internazionale ad Aberdeen, nel 1993 l’Intermational Music Prize dall’UNESCO e poi i riconoscimenti personali: il “Principe delle Asturie” in Spagna, la Legion d’onore in Francia e, nel 2010, dalle mani del presidente Napolitano, la massima onorificenza della Repubblica italiana: Cavaliere di gran Croce dell’ordine al merito della Repubblica.

Ma l’attenzione delle nazioni non si limita al conferimento di premi ed onorificenze, nel 1995 l’UNESCO riconosce nel maestro Antonio Abreu il ruolo di ambasciatore mondiale per lo sviluppo del sistema di formazione di orchestre e cori giovanili sul modello del sistema applicato in Venezuela e in breve tempo ben 25 paesi adotteranno il sistema da una parte all’altra del globo.

L’orchestra sinfonica Simon Bolivar e l’orchestra sinfonica giovanile cominceranno i loro tour nel mondo riscontrando successi straordinari.

Questa rivoluzione nel mondo della musica non poteva non attirare l’attenzione di alcune straordinarie personalità del mondo musicale mondiale: il maestro Claudio Abbado, il maestro Simon Rattle, Placido Domingo, Giuseppe Sinopoli e tanti altri osservano con attenzione questa novità entusiasmante, al punto da dedicare ad essa collaborazione, apprezzamento e incoraggiamento.

Abbado, che per alcuni anni ha dedicato una parte del suo tempo a collaborare con l’orchestra Simon Bolivar e a promuovere in Italia il Sistema, osservava: «In Italia, in un paese così ricco di cultura, ma certo non fra i meglio organizzati, l’educazione musicale latita. Non è una novità, purtroppo. Di eccezioni per fortuna ce ne sono, ma molto poche. Ma il problema rimane comunque: la musica non è riconosciuta come uno dei fondamenti della vita culturale del nostro paese. In Venezuela, dove ho passato diversi mesi a lavorare con l’orchestra giovanile Simon Bolivar tutto ciò che manca è possibile. È una realtà tangibile, non un’utopia, come a qualcuno potrebbe venir facile pensare».

Ormai il mondo si è arricchito degli straordinari talenti formatisi nel “Sistema”: Gustavo Dudamel, Diego Matheuz, Edward Pulgar, Natalia Luis Bossa e tanti, tanti altri, ma tutti con una cosa in comune: tutti i loro contratti di lavoro prevedono un periodo di libertà per tornare in Venezuela ad insegnare e a suonare con i ragazzi del “ Sistema”.

«Se i tuoi progetti valgono un anno, semina il grano. Se valgono cent’anni istruisci le persone».

 

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