LA DATA

4 marzo 1861

Il piroscafo “Ercole”, che a dispetto del nome eroico è in verità una malmessa carretta del mare, fa naufragio  nella notte del 4 marzo 1861 al largo delle coste della Sicilia. A bordo c’è il trentenne Ippolito Nievo, generoso poeta-soldato che, reduce dalla partecipazione alla spedizione dei Mille con l’incarico di vice-intendente, reca con sé in quel suo ultimo viaggio un baule contenente le carte che lo avrebbero difeso dall’accusa di cattiva gestione delle spese dell’impresa garibaldina.

Lo scrittore non raggiungerà mai Napoli, sua prima tappa alla volta di Torino, dove il generale Acerbi lo attende, sollecitandone il 16 dello stesso mese l’arrivo con la documentazione. Alla notizia del disastro si diffondono le prime ipotesi giornalistiche: affondamento causa tempesta, incendio della  caldaia di bordo, cattura da parte di vascelli arabi con relativo dirottamento su Costantinopoli e via così, fra rocambolesche congetture degno di un romanzo di Salgari.

Accanto a queste, si fanno avanti sospetti meno accidentali, che presuppongono un’esplosione provocata da una “macchina infernale”, ovvero un ordigno dinamitardo che farebbe assumere alla fine di quel piroscafo vecchio e malsicuro il carattere della prima strage di stato nella storia dell’Italia unita: a chi conveniva che gli scrupolosi rendiconti di Ippolito Nievo si inabissassero con lui nelle profondità del mar Tirreno?

È stata una fatalità o l’ennesimo atto della guerra fra garibaldini e sabaudi che caratterizza, come si sa, il nostro Risorgimento? Ammaliato dalla storia del suo sfortunato avo, il pronipote Stanislao riapre le indagini su quella morte misteriosa, dedicando dieci anni della sua vita a raccogliere  materiali per ricostruire le fila di questo capitolo di storia familiare e nazionale: ne nasce Il prato in fondo al mare, romanzo pubblicato nel 1974, vincitore l’anno successivo del Premio Campiello.

Comunque sia andata, quel piroscafo trascina sul fondo del mar di Sicilia anche la giovane, romantica  vita dell’autore delle Confessioni di un italiano (scritto nel 1857-59 ma pubblicato postumo nel ’67), straordinaria figura di intellettuale ottocentesco ingiustamente trascurata dall’istruzione nazionale. Su quei banchi che bene o male continuano a costituire la piattaforma comune dell’educazione umanistica, poco spazio si dà ancora, per imperscrutabili motivi, all’indimenticabile cavalcata tra la fine del Settecento e la prima parte dell’Ottocento che traghetterà (questa volta in acque salve, anche se non tranquille) la navicella appena nata del romanzo italiano, dai Promessi sposi manzoniani ai Malavoglia di Verga. Che, come si ricorderà, si aprono per l’appunto con un altro naufragio, in quello stesso mare, di una barca di poveri pescatori dal poco provvidenziale nome di “Provvidenza”.