LA PAROLA

Soft air

Aria soffice, al massimo aria compressa. Ma quando ti vedi davanti un ragazzone di un metro e novanta, in mimetica, fucile, anfibi, elmetto, faccia dipinta alla Rambo, con quel sorriso beffardo alla John Wayne poco prima di inchiappettarsi (metaforicamente) un giap, beh ti viene quasi uno “smalvino” e ti dici: «Oh mio dio, siamo in guerra e non me l’ha detto nessuno. Sono già arrivati qui». Se poi sei da quelle parti per farti una bella pescatina in pace – perché al laghetto ti diverti e il massimo che ti possa capitare è che una bella carpa ti rompa la bava (il filo) – il raccapriccio e la paura sono ancora più presenti.

Poi capisci che è tutto un gioco. Un maledetto gioco di simulazione. Guerra simulata, un gioco per bambini molto adulti.

Fortunatamente anche tutti gli altri arrivati al lago per trascorrere un pomeriggio di quiete hanno facce un po’ così che ti dicono sottotraccia: ma quanto sono fessi. I più anziani commentano: «Valà che se avessero fatto la guerra sarebbero da un’altra parte a dimenticarla. Fatti “patata” … (pataca è il classico termine riminese che significa “chi coglie”, sì proprio coglione)».

Eppure in ogni provincia ora si gioca con queste armi finte che sparano pallini, si spera biodegradabili, e che al massimo della sfiga possono darti qualche fastidio se arrivano nell’occhio. Tutto il resto invece sembra autentico, soprattutto le facce e la grinta che ci mettono. Si dirà: ognuno del proprio tempo libero fa ciò che gli pare, certo. Ma interpretare una guerra sembra proprio una sciocchezza visti i tempi che corrono …

Per una definizione meno di parte, meno in guerra diciamo, si legga la voce softair su Wikipedia.

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