LA PAROLA

Autostima

Non si può piacere a tutti. Questa consapevolezza è il primo passo per l’affermazione della propria autostima.

La parola di oggi è proprio “autostima”, che l’enciclopedia Treccani definisce come la «Considerazione che un individuo ha di se stesso. L’autovalutazione che è alla base dell’autostima – si legge nell’illustre vocabolario – può manifestarsi come sopravvalutazione o come sottovalutazione a seconda della considerazione che ciascuno può avere di sé, rispetto agli altri o alla situazione in cui si trova. Di norma l’autostima viene meno negli stati di depressione, mentre si rafforza negli stati maniacali».

Ne deriva che un eccesso di autostima provoca inevitabilmente arroganza, tracotanza e narcisismo, senza scomodare Freud, e un insano egocentrismo, di cui purtroppo abbiamo esempi continui e costanti nella vita di tutti i giorni, pubblica e privata.

Viceversa la mancanza della stima di sé produce quella tristissima “sindrome di Calimero”, in cui la persona si percepisce, piccola e nera come diceva il celebre pulcino, inadeguata, inadatta, irrilevante, inefficiente, fino a mortificarsi e a cadere inevitabilmente nell’ansia e nella depressione.

In media res stat virtus. Anche in questo caso, la saggezza dei grandi filosofi greci, Aristotele nello specifico, ci viene in soccorso e ci aiuta ad affermare che il risultato dell’eccesso o della mancanza di autostima è un individuo infelice sempre sull’orlo del baratro, o perché privo della stima di sé o perché troppo pieno di sé.

Nella nostra società, tuttavia, chi ha bassa autostima è il vero perdente. Basta digitare la parola su google e compare una schermata di siti, più o meno seri e accreditati, che dispensano consigli e mosse per risollevare la propria immagine di sé. Nemmeno uno, viceversa, con i 10 passi per abbassare l’eccesso di autostima. Va da sé che l’immagine dell’uomo (e della donna) bello, giovane e di successo propinata in tutte le salse dalla tv e dalla pubblicità sia quella vincente. Come lo struzzo della geniale pubblicità di una nota marca di telefoni, che indossa il visore di realtà virtuale e crede di volare. Corre, inciampa, riparte, ma crede di volare tra le nuvole. Lo slogan è «puoi fare ciò che non può essere fatto».

Sento la mancanza del contrario e mi viene in mente la storia dell’aquila che si credeva un pollo, perché era cresciuta in mezzo alle galline e nessuno le aveva detto che sapeva volare.

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