LA PAROLA

Maestro

«Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti». Questa famosa affermazione attribuita a Bernardo da Chartres ci viene in aiuto per spiegare il senso della parola di oggi. I giganti sono i nostri maestri (e le nostre maestre, ovviamente), quelli che ci hanno preceduto e ci hanno lasciato la loro eredità di conoscenze, di scoperte, di insegnamenti, di saggezza. Se vediamo più lontano dei maestri è perché, pur essendo piccoli, poggiamo sulle loro spalle di giganti. E, d’altra parte, l’auspicio di ogni bravo maestro è di essere superato dagli allievi.

Chi è dunque il maestro? L’etimologia ce lo spiega con chiarezza: dal latino magister formato da una radice in cui si riconosce magis, grande, e da un suffisso -ter analogo al -τερο greco, che ha valore di comparativo. Maestro è dunque il più grande rispetto agli altri, in sapienza e spesso anche per età. La parola contiene il concetto stesso di educazione: la strada maestra è la retta via. Il compito del maestro è insegnare, dal latino tardo in-signare, cioè lasciare il segno, imprimere nella mente. Ma c’è una differenza tra i tanti insegnanti e i pochi maestri. Ce lo spiega Socrate: «L’insegnante mediocre racconta. Il bravo insegnante spiega. L’insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira».

Senza grandi maestri non ci sarebbero grandi artisti, scienziati, letterati. Senza Socrate non ci sarebbe stato Platone, senza Cimabue non ci sarebbe stato Giotto. Nella vita, ciascuno di noi ha avuto almeno un maestro di cui ha interiorizzato l’esempio.

Un capitolo a parte sono i cosiddetti cattivi maestri. L’espressione divenne un topos giornalistico negli “anni di piombo” quando ci furono intellettuali, ideologi e docenti universitari che si ritiene avessero avuto un ruolo persuasivo sugli studenti e i giovani in generale nella diffusione di idee sovversive o vicine al terrorismo. Oggi, sul tema, c’è parecchia confusione. Se cercate “cattivo maestro” su Google, vi escono nell’ordine: Don Milani, Vasco Rossi, Pasolini, Bobbio, Fidel Castro. Forse c’è qualcosa che non va… A parte Toni Negri, che è cattivo maestro per definizione e ampiamente indicizzato, non si trova traccia nelle prime risultanze di personaggi come Licio Gelli (soprannominato Venerabile Maestro) o il professor Paolo Signorelli (per chi non conoscesse quest’ultimo, sconsiglio la lettura della voce di Wikipedia, davvero poco illuminante).

Ma torniamo al maestro “buono”. Nell’Ottocento in Italia il termine si andò restringendo soprattutto all’insegnante delle scuole elementari, che fino a qualche decennio fa era unico in classe e accompagnava la scolaresca dalla prima alla quinta. L’apologia del buon maestro è nel Cuore di De Amicis, dove incontriamo non solo il probo, austero, onesto, sottopagato maestro Perboni votato tutto ai suoi alunni e senza famiglia, ma anche la tenera «maestrina dalla penna rossa» sempre allegra e sorridente che sapeva farsi amare dai bambini come nessun’altra (realmente esistita nella Torino di De Amicis). Dalla vita reale alla letteratura e poi alla fiction (ma all’epoca si chiamava sceneggiato televisivo) passò negli anni Settanta del secolo scorso il Diario di un maestro di Vittorio De Seta, interpretato per la tivù da Bruno Cirino e tratto dal romanzo autobiografico Un anno a Pietralata di Albino Bernardini: in quel caso il maestro salvava dalla strada i ragazzi di una borgata romana riportandoli a scuola.

Un capolavoro della letteratura mondiale è intitolato Il Maestro e Margherita, un romanzo in cui l’autore – Bulgakov – raffigura nell’anonimo Maestro uno scrittore perseguitato dalla censura e finito in manicomio dopo aver dato alle fiamme il suo manoscritto su Ponzio Pilato. In questo caso il maestro è colui che viene emarginato dalla cultura ufficiale e di regime.

Nel cristianesimo, maestro è un termine importante perché è l’appellativo che veniva dato dai discepoli a Cristo, ritenuto colui che indica la strada. Il Gran maestro è il titolo più alto nella gerarchia massonica. Oggi la parola maestro indica il conoscitore profondo di un’arte, di una disciplina: maestro d’arte, di musica, del cinema. d’armi, di cerimonie. ecc. Qualcuno che ha una grande esperienza. Perché, siccome nessuno nasce maestro – come si suol dire – bisogna essere prima garzone e poi maestro. La saggezza popolare ci dice anche che la caratteristica del maestro è la generosità e la gratuità del suo insegnamento perché solo «Dio, genitori e maestri non si posson mai ricompensare».

Historia magistra vitae, diceva quell’integrato di Cicerone, sostenuto anche dal detto popolare che ogni giorno è maestro del successivo, mentre quell’apocalittico di Montale afferma che «La storia non è magistra/ di niente che ci riguardi» (“La storia”, da Satura). Allora, se la storia non può insegnarci nulla, come sostiene Montale, non ci resta che rifugiarci nell’immaginario e nella cultura visto che «i libri sono maestri silenziosi».

Fonti: Cortelazzo – Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli

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