LA PAROLA

Rìflessione

Sottotitolo: una riflessione sulla “riflessione” e sulle parole.

C’è una parola nel vocabolario italiano che amo in modo viscerale. Una profonda gratitudine e un senso di tenerezza – lo dico poeticamente – “il cor mi prende, quando ad ella il pensier, s’invola”.

Le parole e tutto l’esistente, per come la penso io, hanno un anima, e, alle volte, prendono anche una fisionomia. Spesso, indossano ali. Nascondono la capacità innata che hanno le farfalle o gli uccelli del volo.

La parola in questione che tanto amo, è: riflessione. Scritta molto spesso e pensata come: “rì-flessione”. Composta ovvero dalla parola: “flessione”, come atto del piegarsi, incurvarsi e dal prefisso: . Rì.flessione, nella mia visione animistica della parola, è un albero che piega i suoi rami su se stesso; è un salice che si flette sino alle sue radici. Rì.flessione è ancora prima di esserlo. Sta nel seme dell’osservazione o, meglio ancora, “dell’ascolto”, o meglio ancora, le due cose che insieme, si fondono. Rì.flessione è la capacità di assorbire osservazione e ascolto e offrirlo, come un dono, a se stessi. In un passaggio tra il fuori, osservato e ascoltato, e il dentro che ne acquisisce conoscenza. È movimento di flessione tra i sensi che percepiscono qualsiasi cosa ci relazioni al mondo circostante e noi stessi.

Flessione” con il prefisso rì, dà una connotazione, d’aver passato al setaccio osservazione e ascolto. Una proposta di () considerare ciò che già in prima istanza con osservazione e ascolto, è accaduto e di cui, osservazione e ascolto, sono stati testimoni. Il prefisso “rì” è il valore aggiunto alla opportunità di comprendere. E comprendere, come spiega l’etimologia della parola, è solo arricchimento e linfa della conoscenza, principalmente, di sé; ma non solo.

Amo molto anche il prefisso “rì”. È una particella che offre, vicino a molte parole, una seconda opportunità…e poi, omaggio alla mia vanità, è il diminutivo del mio nome. Anzi, direi, perché so che così viene usato, il vezzeggiativo. Quindi, un valore, inestimabile. Ecco perché amo la parola rì.flessione e perché verso di lei ho un senso di gratitudine… al di là della sua radice etimologica.
No, non per quest’ultima vanitosa e un po’ canzonatoria nota di me stessa; no, non per questo, ma per quello che mi ha concesso di me e non solo di me, concedendosi, conoscere.

Le parole, come le persone, vanno solo conosciute nella profondità del loro esprimersi. Nel nascosto interiore della loro radice. Quasi sempre invisibile eppure visibile se solo, alle volte, ci si soffermasse un attimo, un attimo soltanto a guardarla per come è scritta e non solo per come viene letta. Riconoscerne l’anima tra vocali e consonanti che la formano e che così, in quella combinata composizione di lettere, formano un nome specifico e convenzionale di una data cosa.

Una parola si distingue dalle altre per la sua etimologia, così come una persona si distingue da una altra per il suo aspetto. Entrambe hanno in comune la bellezza della loro profondità “d’essere”. D’esserci. Di rivelarsi. Di rivelarci. D’insegnarci.

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