DAILY LA PAROLA

Lenzuolo

Un vecchio lenzuolo, una vernice spray, un balcone al sole o al vento: la nuova protesta italiana è tutta qui. Nelle città e nei paesi il lenzuolo immacolato è come un giornale di bordo su cui vengono tracciati i geroglifici della nostra attuale condizione: barconi in preda alla tempesta, navi bloccate davanti ai porti, ministri con le insegne dei crociati, famiglie assediate in casa, botte nelle piazze e chiacchiere in Parlamento.

I nostri antenati latini usavano il lintoleum (una pezza di lino) per costumi più propizi. Nella Roma di prima o dopo Cristo erano tempi migliori ma anche peggiori: allora le dispute si risolvevano nel Foro, ma più spesso sulla punta dei pugnali. E ancora più indietro, nella Grecia di Odisseo, nostra madre mediterranea, l’ospite senza nome che giungeva per mare era accolto, sfamato, lavato, vestito infine di candida tela. Solo dopo, davanti alla fiamma del focolare, si chiedeva, prendendolo per mano: «Chi sei, come ti chiami?».

 

Non disprezzate i lenzuoli: a Kiev, nell’ Ucraina sovietica, il cotone grezzo era merce preziosa.  Scrive Anatolij Kuznecov: «Una volta ero in coda per comprare della cotonina. All’epoca i tessuti li si poteva acquistare solo dopo aver fatto la coda per giorni interi. Quella volta la coda era terrificante, di molte migliaia di persone. La gente, già che c’era, faceva colazione, pranzava, di notte dormiva per terra. La milizia manteneva l’ordine, contava gruppi di dieci e li portava nel negozio».

Dunque, non disprezzate i lenzuoli.  Nella Cina della rivoluzione culturale, i Ta tze bao erano lenzuoli di carta, di foglia di riso o di tela su cui i giovani pionieri  tracciavano gli slogan suggeriti dalla  fazione di Mao per dare l’assalto al quartier generale del partito.  E nella Cina di Piazza Tien An men  – sono passati trenta anni oggi – i ta tze bao degli studenti che volevano dare l’assalto alla dittatura del celeste impero comunista furono inzuppati di sangue e strappati dalle pareti dell’università di Pechino.

A proposito di uso improprio di oggetti della vita quotidiana. In America Latina la protesta di piazza si trasforma spesso nel “cacerolazo”, come dire: un concerto di casseruole. La gente arriva dai sobborghi poveri, ma si muove anche dai quartieri del centro borghese, armata di casseruole, tegami, pentole, coperchi e mestoli. Si batte, si batte e si batte, il fracasso è insopportabile e festoso, dice al potere: non ti lasceremo dormire, staremo in piazza finché non ti arrendi. Ma dice anche: le nostre pentole sono vuote, ci avete ridotti alla fame. A Buenos Aires tanti oligarchi e tanti governi imbelli sono stati cacciati dal concerto delle casseruole.

Ma restiamo a casa nostra. Negli anni Cinquanta, durante la trebbiatura, i mezzadri in lotta per la terra issavano in cima ai pagliai la bandiera della pace.  Gli agrari chiamavano i carabinieri e i carabinieri salivano sui pagliai per togliere la bandiera. Allora i contadini – che lavoravano a torso nudo nel sole di agosto – si mettevano addosso la bandiera come una camicia. Sudavano, ma nessuno aveva il diritto di strappare e portar via la camicia.

Così, abbiate rispetto per la protesta dei lenzuoli.  Il lenzuolo è immensamente più umile di una bandiera, ma certo è più sincero.  E’ disarmato, ironico e disperato: una frontiera di resistenza contro la tronfia cecità del potere. Dice a volte: restiamo umani. E non è un caso che a Milano quel restiamo umani sia risultato intollerabile e subito ridicolmente cancellato. Questa del resto è la nostra piccola cronaca quotidiana.  Poi finirà come deve, non è un lintoleum qualsiasi che cambierà la nostra storia: ben altre sono le forze che si muovono, i compromessi che si tramano, i tradimenti che si preparano.

Nella primavera del 1969, John Lennon e Yoko Ono – novelli sposi – organizzarono il primo “bed in” per la pace e contro la guerra in Viet Nam.  Tra il 25 e il 31 marzo trascorsero la luna di miele nella suite presidenziale dell’Amsterdam Hilton Hotel, dando libero accesso alla stampa nella camera da letto. I giornalisti e le telecamere si aspettavano atti scandalosi, provocazioni e sesso in pubblico, ma si trovarono davanti candide lenzuola e i due coniugi in pigiama che parlavano di pace e amore universali.  La guardo ora, quella vecchia foto, e mi intenerisce. La chitarra sul letto, la grande finestra aperta sulla città, John e Yoko distesi sotto le coperte, la cascata di capelli di lei, gli occhialetti e la barba di lui.  Tra le lenzuola, tutto è bianco, tutto è immacolato. Restiamo umani, appunto.

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