DIALOGARE IN PACE VISIONI

Lettera 1: I luoghi comuni sui portuali livornesi

L’articolo Disumani modi alla Biblioteca umanistica – una lettera del nostro socio Amine Graouate indirizzata alla direttrice della Biblioteca umanistica dell’Università di Firenze per protestare contro i modo sgarbati di un custode – ha suscitato a sua volta una protesta. Riceviamo questa lettera e la pubblichiamo, come la prima nella rubrica Dialogare in pace, rubrica nata appunto per dar conto del fatto che discutere si può senza azzuffarsi.

Gentile associazione “Tessere”

ho letto con interesse la lettera del vostro associato Amine Graouate in merito allo spiacevole episodio capitato alla Biblioteca Umanistica dell’Ateneo in piazza Brunelleschi. Nel corpo della lettera si fa riferimento al modo di parlare degli scaricatori di porto nel porto di Livorno. Essendo per appunto un ex lavoratore portuale livornese mi sono sentito colpito nel vivo.

Sicuramente l’ambiente portuale è un luogo in cui linguaggi coloriti caratterizzano il lessico in uso dai lavoratori, ma forse il signor Amine non conosce i contributi dati nel corso degli anni dai lavoratori portuali livornesi alla cultura e alle opere d’ingegno. La Fondazione Franco Antonicelli, la Biblioteca, Il cinema teatro 4 Mori ne sono ancora oggi, in epoche di crisi e ristrettezze, esempi tangibili.

I luoghi comuni non aiutano certo la comprensione, il genovese tirchio, il romano fannullone, il milanese indaffarato sono stereotipi di un’Italia che non esiste più. Cosi come il lavoratore portuale ingnorante. Grazie per l’ospitalità

Giovanni Puccini

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