DAILY LA PAROLA

Litturìna

La litturìna tra storia e curiosità. Viaggio (in treno) nell'Italia che fu insieme alla carrozza-automotrice costruita dalla FIAT negli anni Trenta

La litturìna (littorina) è la singola carrozza-automotrice ferroviaria, costruita dalla FIAT negli anni Trenta, per il trasporto di persone in diverse regioni italiane. Sull’origine del nome esistono pareri discordanti. Alcuni, l’attribuirono ai macchinisti che la paragonavano a una lumaca marina che arranca sulle scogliere, sfidando le onde. Altri ancora lo ritengono un omaggio al Duce, presente all’inaugurazione della stazione di Littoria, l’attuale Latina.

In quel periodo, anche la Ferrovia Circumetnea, in Sicilia, si dotò della moderna litturìna “ALn56” per sostituire l’antico ‘nfù ‘nfù (ciuf ciuf), come veniva chiamata la locomotiva a vapore della BREDA, in servizio sulla linea pedemontana del vulcano, che con un solo binario a scartamento ridotto collega ancora oggi Catania a Riposto, attraversando paesi e cittadine importanti come Paternò, Bronte, Randazzo, Linguaglossa e Giarre. Partendo dal mare, la linea si è sviluppata nel tempo su tragitti tortuosi, con molti ponti, gallerie e complessi dislivelli orografici fino a 976 metri di altitudine. Lunga circa 114 Km, attraversa secolari deserti di sciare e floride coltivazioni agricole, spesso distrutta, in alcuni tratti, dalle eruzioni dell’Etna.

Non sappiamo se i valligiani etnei, favorevoli o contrari, abbiano allora manifestato per l’importante opera pubblica, come da qualche anno succede in Val di Susa. Quante parole sprecate sul progetto del TAV (Treno alta velocità) o della TAV, la linea ferroviaria che dovrebbe collegare Torino a Lione. Divisi anche sul genere dell’acronimo, i governi passati e l’attuale “gialloverde” rinviano ogni decisione, per non inimicarsi gli elettori schierati pro e contro la sua realizzazione. Le uniche proteste sulla litturìna, erano quelle dei pendolari, che, a causa dell’affollamento in seconda classe, per stare più comodi, con la complicità del controllore straripavano nella prima, sempre vuota. I politici regionali a ogni elezione promettevano (e promettono) interventi strutturali sulla Circumetnea per renderla più moderna ed efficiente, ignari della disillusione, che da generazioni alberga nella mente degli abitanti.

Molti migranti del secolo scorso sono saliti sulla litturìna per l’ultima volta, con tanta pena nel cuore e la valigia di cartone piena di speranze. Andavano a Catania o a Giarre-Riposto per prendere la coincidenza per Milano della fu “Freccia del Sud” o del fu “Treno del sole” sostituiti da anni dagli anonimi Intercity, in attesa dell’ AV (Alta velocità) con le frecce colorate di Trenitalia e di Italotreno anche sull’isola e… campa cavaddu ca l’erba crisci!

Ancora oggi, il trantran della litturìna riporta alla mente goliardici ricordi studenteschi e si snoda, in tutte le stagioni, sotto il perenne pennacchio del Mungibeddu (Mongibello). Solamente una, originale, restaurata nei minimi particolari ad esclusione della verniciatura bianca e rossa della carrozzeria, ondeggia sul binario come un tempo, per il giro turistico dell’Etna. Nello scorrere lento dell’itinerario, i viaggiatori restano ammaliati dalle magiche atmosfere dei paesaggi, colori e profumi che per sempre le porteranno racchiusi nell’animo.

Tutti i giorni, dall’alba al tramonto, da un capolinea all’altro, il fischio stridente della litturìna segnala l’arrivo e la partenza dalle stazioni. Un tempo, ad ogni fermata, saliva e scendeva il vocio dialettale degli incontri tra conterranei, che senza l’assillo degli iPhone, ridestavano orgogliosi campanilismi per esaltare le tradizioni, la cultura e le bellezze artistiche del proprio comune. Ora tutto è cambiato. Soltanto lo squillo del cellulare spezza i lunghi silenzi.