ATTUALITÀ THE DARK SIDE OF THE NEWS

I “Lord of War” siamo noi. E ci piace

L’Italia vende sempre più armi. E già sarebbe una notizia “buia”. Ma il vero lato oscuro – the dark side of the news, nuova puntata – è che le vendiamo, spesso e volentieri, a paesi extra Nato, noti per essere regimi dittatoriali e avvezzi ai massacri. Nel disinteresse diffuso e generalizzato di tanti media.

L’Italia vende sempre più armi. E già sarebbe una notizia “buia”. Ma il vero lato oscuro – the dark side of the news, nuova puntata – è che le vendiamo, spesso e volentieri, a paesi extra Nato, noti per essere regimi dittatoriali e avvezzi ai massacri. Nel disinteresse diffuso e generalizzato di tanti media.

«Ci sono più di 550 milioni di armi da fuoco in circolazione nel mondo. Significa che c’è un’arma da fuoco ogni dodici persone nel pianeta. La domanda è: come armiamo le altre undici?». Nicolas Cage è “Lord of war”, losco trafficante d’armi internazionale, tutto impresa e famiglia, in un inquietante film del 2005. L’interrogativo lo pone seguendo con lo sguardo il viaggio di un proiettile da una cassa, assieme a molti altri, fino al suo inserimento nel caricatore di un AK-47 e alla sua esplosione nella testa di un ragazzo africano. Il film prosegue con una serie di flashback su come si intraprende un’attività di successo basata sulla vendita di armi, risalendo fino agli anni ’80.

Un’attività di successo anche oggi, la vendita delle armi, viene (con amarezza) da constatare guardando gli ultimi dati. Che pochi, pochissimi hanno risaltato. Lodevole eccezione il portale Linkiesta.it che non usa perifrasi: «Vergogna made in Italy: vendiamo sempre più armi a regimi sanguinari (e ne andiamo fieri)».

Le esportazioni italiane di armamenti, infatti, sono aumentate dell’85,7% in un anno. Nel 2016 hanno superato i 14,6 miliardi di euro, rispetto ai 7,9 miliardi del 2015. Una vera e propria esplosione rispetto al 2014: +452% in soli due anni.

Il lato oscuro della notizia in questo caso, almeno a nostro avviso, non è tanto il poco risalto dato dai media, ma la notizia in sé. Che, se approfondita, svela risvolti ancora più dark.

La legge in materia non si presterebbe ad equivoci: l’esportazione ed il transito di materiali di armamento – recita la norma del 1990 – sono vietati: «verso i Paesi in stato di conflitto armato»; a chi è in contrasto con le direttive Onu: «verso i Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione»; verso i Paesi «responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani».

Più chiaro di così… Eppure tra i principali acquirenti del nostro Paese troviamo il Kuwait (nel 2016 esportazioni per 7,3 miliardi di euro), l’Arabia Saudita (427,5 milioni), poi Qatar (341 milioni) e Turchia (133 milioni). Stati non propriamente noti per il loro pacifismo e per il rispetto dei diritti umani, senza contare le pesanti ombre che ci possono essere sull’eventualità che tali armi possano finire in mano all’Isis. Vendiamo armi anche a Pakistan (97,2 milioni) e Malesia (39,9 milioni), Paesi dove la pena di morte è pratica consueta.

Sono in tutto 82 i Paesi di esportazione di armi da parte dell’Italia, che si conferma ai primi posti nella graduatoria mondiale. La metà del valore delle esportazioni del 2016 è arrivata proprio dalla fornitura al Kuwait di 28 aerei Eurofighter. Una commessa che ha reso lo Stato mediorientale il principale mercato di sbocco per l’Italia; la seconda categoria di armamenti più venduta risulta essere quella di «bombe, siluri razzi, missili e accessori», che ha fruttato 1,2 miliardi.

Per non farsi mancare niente, anche l’incremento delle importazioni di armamenti ha raggiunto livelli record: nel 2016 sono arrivate in Italia armi per un valore di 612 milioni di euro, con un aumento del 169% rispetto al 2015.

Come ben ricorda Linkiesta.it «Il caso dell’Arabia Saudita è il più clamoroso: da due anni l’Arabia – insieme peraltro a Qatar ed Emirati, entrambi nostri clienti – conduce una guerra spietata in Yemen, sganciando sulla popolazione armi fabbricate in Italia. Secondo quanto denunciato da Amnesty International, dal marzo 2015, quando sono iniziati gli attacchi aerei da parte della coalizione saudita, sono stati uccisi almeno 4600 civili e ne sono stati feriti più di 8mila».

L’industria delle armi viaggia dunque alla grande, e c’è chi se ne compiace apertamente. La recente relazione consegnata dalla Presidenza del Consiglio al Parlamento, sul commercio e sulle autorizzazioni all’esportazione di armi, riferendosi al business militare in ascesa, testualmente commenta: «….a dimostrazione di una capacità di penetrazione e flessibilità dell’offerta nazionale all’estero».

Più oscuro di così…

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