LA PAROLA

Mainstream

Photo: www.roars.it

Un amico mi fa: «però, come sei mainstream!» Ora, a me, mainstream non lo aveva mai detto nessuno. E con quel tono, poi. La cosa mi preoccupa, così vado a verificare. Ecco: io sfoglio quasi ogni giorno un quotidiano italiano, di quelli che hanno una tradizione. On line, se l’argomento mi interessa in modo particolare, provo a consultare anche qualche grande giornale straniero (che so: “El Paìs”, “Le monde”, il “New York Times”, il “Washington post”…) e a volte qualche rivista più impegnativa: il “New Yorker”, “Le monde diplomatique”, “Gatopardo”… di quelle che in Italia non esistono più da tempo immemorabile.

Cioè, provo a tenermi informato: lo ammetto, per me vale ancora l’antica parabola di Hegel: «La lettura del giornale è la preghiera mattutina dell’ uomo moderno». Moderno? «Come sei antico…», mi disse quaranta anni fa un conoscente, quando confessai che scrivevo di politica estera per l’eroica e ormai trapassata redazione de “L’Unità”.
Dunque è destino: sono antico. Oggi, nell’epoca dei social e del plebeismo cognitivo, è poco meno di una bestemmia essere mainstream, cioè riferirsi nell’informazione alla “corrente principale”, ai grandi giornali, alle vetuste riviste, ai solidi format televisivi che una volta (una volta) orientavano l’opinione pubblica dei Paesi sviluppati.

Oggi la tendenza è diversa. Ognuno può farsi un blog, ognuno può discettare sul suo e sull’altrui spazio intorno ai grandi argomenti e ai grandi interrogativi che una volta erano riservati agli specialisti. Ognuno, infine, può offrire la propria ricetta originale nel vasto oceano dell’informazione diffusa in rete. Ognuno, per dire, può citare a suo piacere I Protocolli dei savi di Sion come fossero una voce autorevole dell’ Enciclopedia universale.

Libertà, ci mancherebbe altro. La libertà, come cantava il vecchio Gaber, non è «stare sopra un albero», ma scendere nell’agone mediatico e ingaggiare duelli all’ultimo sangue a colpi di like e di post contrapposti. Tutti possono farlo, in democrazia, ma capirete che la lotta è impari, per noi antichi mainstreamers.

Discuto con un vecchio compagno di classe al liceo che da comunista si è scoperto sovranista. Espongo le mie ragioni da “dilettante informato” sul debito pubblico, sullo spread, sul pericolo di default dell’economia nazionale. Poche ore dopo lo stesso amico condivide sul mio profilo Fb l’articolo del blog di una giovane signora che si definisce «laureata pentita alla Bocconi» e che mi spiega come e qualmente spread e debito pubblico siano elementi di un complotto delle élites europee, per tenere sotto il tallone il popolo “appecoronato”. Semplifico, naturalmente, ma solo in Italia – e rabbrividisco pensando all’universo mondo – di blog vergati da “laureati pentiti” se ne contano a migliaia, e milioni sono i lettori anti-mainstream che si abbeverano a queste fonti di saggezza.

Poiché i guai non vengono mai da soli, al termine mainstream si accompagna quasi sempre il termine narrazione (dal verbo narrare, raccontare). Lo stucchevole epiteto fa ormai parte del nostro lessico familiare, per significare tutto, ma anche il contrario di tutto. Così, per esempio, alla narrazione dei media mainstream si contrappone la narrazione nuovissima di Donald Trump. Ma anche il contrario: «I media mainstream hanno favorito la narrazione anti-estrablishment del presidente americano».

Una politica ridotta a narrazione è dunque la condanna di noi creature pensanti in questi tempi di ferro e di fuoco. E cosa altro è se non narrazione (spesso fiction) quella feroce agitazione di neri fantasmi e spettri assetati di sangue italiano che costituisce il fulcro della fortuna politica di Matteo Salvini? E se Matteo Salvini (per dirne uno) si scaglia contro l’informazione mainstream e così raccoglie l’entusiastico “mi piace” di milioni di sostenitori, non sta egli stesso plasmando una nuovissima informazione mainstream?

Come vedete, grande è la confusione sotto il cielo. Lo confesso, anche io sono assai confuso. Nel dubbio, su Fb ho tolto l’amicizia a quell’ incauto che mi ha definito mainstream. Così impara.