LA PAROLA

Militante

Militante è il participio presente del verbo militare ed è perciò evidente che sia una parola dalla connotazione guerresca, di origine bellicosa, spesso impiegata in sfumature che conservano l’impianto negativo da cui deriva, come per esempio quando la parola è utilizzata nell’espressione “Stato militante” con cui si intende uno Stato che ha un atteggiamento aggressivo a supporto di una determinata causa.

Per lungo tempo, tuttavia, militante ha indicato colui che partecipa attivamente in organizzazioni o partiti in difesa di un’idea o ideale, sottolineando il suo carattere volontaristico e generoso, capace di rinunce ed appunto mosso da nobili intenti.

Da questa via, naturalmente, la parola è stata associata anche a chiunque sia un convinto fautore di una visione ideologica (per esempio un militante cristiano, ateo…) e, mettendo in discussione le seconde, si è messo in discussione anche la prima: con l’acqua sporca, o apparentemente tale, insomma, si è gettato via il bambino.

L’appartenenza di un militante ad una milizia, fa di lui un fervido partecipante, per cui militanti sono nella Chiesa «l’insieme dei fedeli viventi in armonia con i fini soprannaturali della Chiesa cattolica… in contrapposizione alla Chiesa trionfante, perché la vita terrena è come una milizia in favore della fede, e una lotta contro tutto ciò che può costituire ostacolo alla salvezza spirituale».

Che partecipi alla vita dell’associazione, del partito o del movimento di cui è membro – come può esserlo per esempio un’organizzazione sindacale o studentesca, ma anche un Club dove ci siano delle cariche sociali e dei compiti da prendersi per farlo funzionare – il militante è uno che svolge un’azione concreta dentro e fuori di essi, per lo più facendo propaganda a favore della propria collettività, differenziandosi, magari, dai semplici seguaci o dall’apparato vero e proprio.

Il militante del partito politico moderno (quello antecedente l’attuale partito postmoderno, cioè “solido”, non “liquido”) trova il proprio precursore nei “canvass” inglesi, i quali, quando nella seconda metà dell’Ottocento si cominciò a votare, individuavano e spingevano al voto gli elettori. La sua figura si è ovviamente diffusa con la nascita del movimento operaio e socialista, perché è lì che ci si è battuti per estendere il diritto di voto a tutti ed è cresciuta la speranza che partecipando si sarebbero cambiati i destini altrimenti segnati. Ed ha raggiunto i suoi apici quando ognuno sentiva di dover protestare se i neri non potevano sedersi sugli autobus, le bombe atomiche sorvolavano la testa di tutti, il reggiseno era un dovere come quello di rigovernare i piatti, alla fin del mese non era facile arrivare.

Se è ovvio che il militante è un “propagandista” – o visto da un altro punto di vista un “predicatore”, od anche un “piazzista”, un “commesso viaggiatore” – altrettanto ovvio non è, come invece sembra essere in auge ora, che la sua figura si materializzi solo in vista delle elezioni, siano esse primarie o “farsesche” come avviene da qualche legislatura a questa parte, dove si vota per un candidato premier (e non più per un partito con le sue idee ed i suoi propositi) e poi al governo ci va qualcun altro (siamo a quota quattro).

Visto in questo senso il militante può tranquillamente essere sostituito in campagna elettorale da galoppini prezzolati che si dileguano all’indomani del voto riscossa la parcella e lontani appaiono i tempi in cui, dopo un autunno nel quale si concentravano il volantinaggio, il servizio d’ordine al corteo, la diffusione porta a porta del quotidiano di riferimento, un inverno trascorso al ciclostile, una primavera ad affiggere manifesti (l’attacchinaggio), ci si poteva finalmente dedicare nella stagione residua, l’estate in cui si santificano le ferie, ad arrostire rosticciana nel ristorante della festa organizzata per raccogliere fondi e finanziarsi (invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia). I social sembrano aver suggerito un altro modo di essere presenti e darsi da fare. Ora si tratta di capire se mettere un like o un cuoricino riuscirà ad impedire che i bambini muoiano in guerra perché, si dice, burka e kalaschnikov vanno di pari passo.