LA PAROLA

Natale

Che piaccia o no, tuffarsi nel gomitolo di strade dal quale Giuseppe Ungaretti si teneva alla larga, Natale è pur sempre una festa che coinvolge tutti. O almeno ci prova, ci tenta in tutti i sensi del verbo tentare. Viene da lontano, da prima del Cristianesimo, la voglia di celebrare il ritorno alla luce, il riallungarsi delle giornate. E luce è pure la ricorrenza cristiana, al di là dell’arbitraria collocazione della nascita di Gesù, una luce che anche senza scomodare Giovanni l’evangelista, viene al mondo. Se il significato di quel che l’uomo colloca sul finire di dicembre rimane inalterato, è vero che in ballo, in una sorta di coscienza condivisa, c’è la nascita d’un bambino. Forse, è per questo, azzardando un’ipotesi supportata solo da buone dosi d’empirismo e di senso comune, che a festeggiare sono i non credenti, i credenti di religioni non cristiane e, naturalmente, i credenti; compresi quelli che dicono che il Natale dovrebbe essere altra cosa rispetto alla corsa agli acquisti e ai bagordi.

Una tradizione di questo tipo, certo, ha ben poco a che spartire con le battaglie dei favorevoli e contrari al presepio a scuola. Bofonchieranno quanto vogliono, ma i paladini nostrani del rispetto della tradizione italiana devono pur sempre essere avvertiti che stanno celebrando qualcosa d’universale. La festa c’è a Roma, come c’è in Pakistan, mentre la megalopoli cinese e atea per eccellenza, Shanghai, si riempie con puntualità da un paio di decenni di scritte e disegni luminosi per augurare buon Natale. Consumismo compreso, e proprio in ragione di questo, la natività finisce bene o male per essere rammentata di giorno in giorno, a dicembre, a tutte le latitudini, longitudini e in ogni situazione.

Esempi? Già che si è preso in considerazione il Pakistan, uno Stato dichiaratamente islamico e nato dalla scissione dall’India qualche anno dopo l’indipendenza, c’è subito una cosetta da dire: la striscia verticale bianca sulla bandiera del Paese sta a rappresentare la minoranza cristiana. Una minoranza che, ovviamente, celebra il Natale. Peccato solo che la miccia dell’integralismo, con i suoi risvolti a livello politico, complichi la faccenda. Ogni popolo e ogni periodo hanno i loro Bush e relative conseguenze. Fino ai Trump di turno. In Pakistan, però, anche tra i musulmani c’è chi festeggia. E non è cosa strana.

Partiamo dal Paese asiatico, allora, per aprire la finestra sul Natale degli altri. Che poi, in larga parte, sono vecchi e nuovi europei. Babbo Natale fa capolino anche in Pakistan, appunto. Il vecchio che porta piccoli doni è un personaggio assai popolare da quelle parti, dove sono ben vive anche le tradizioni dell’albero di Natale e delle cartoline con le quali i bambini chiedono un dono. Numerosi sono i piatti utilizzati, nel Paese, per celebrare la festa a tavola.

A Hong Kong, il Natale è uno dei principali eventi di aggregazione. Molte famiglie amano consumare le loro cene natalizie a casa, con i parenti. A Hong Kong le cene di natalizie sono assai comuni negli hotel e nei ristoranti. Sono inclusi tacchino e prosciutto arrosto, oltre a insalata, zuppa e filetto di pesce, dessert di ispirazione natalizia.
Il Natale più lungo del mondo è nelle Filippine, il più grande Paese cattolico in Asia. Riti ed eventi per festeggiare la natività, infatti, durano da settembre all’Epifania. La vigilia di Natale, verso le 10 di sera, nelle chiese si rende grazie per l’anno ormai terminato e si festeggia il compleanno di Gesù. Dopo la messa, tutti a tavola. Il queso de bola, un formaggio simile all’edam, è una delle portate più ambite. Un particolare prosciutto e, mutuati dall’Italia, spaghetti e maccheroni completano i cibi tipici. Tutto accompagnato da un buon sorso, prima o dopo, di cioccolato. Infine, intorno a mezzanotte, vengono scartati i regali.

La festa è assai sentita in Romania. Tra i fedeli ortodossi, c’è chi ancora oggi osserva un lungo periodo di preparazione al Natale, del tutto simile alla Quaresima. Poi, la vita rinasce e nelle case si consumano dolci e carne di maiale più che in altri periodi dell’anno. Il taglio del maiale, nelle numerosissime comunità di campagna, segue un rituale preciso. Ne escono fuori, proprio nel periodo natalizio, pancetta, stufati, salsicce, sanguinacci, gelatine, prosciutto, carne secca. Gli ospiti in visita nelle case di amici e parenti, vengono talvolta accolti da musiche e canti popolari. Si beve e si brinda, con liquori che variano da zona a zona, in prevalenza prodotti in casa o da genitori sempre più anziani. Un piatto tipico è rappresentato dalle sarmale, ereditate dai tempi dell’influenza e del domino turco e comuni a larga parte dell’area di Balcani e del vicino Oriente. Le varianti, anche nella forma del nome, sono numerose nella stessa Romania. Sono involtini di foglie di cavolo – in estate anche di vite – legati ben stretti e ripieni di carne e riso, o funghi, verdure tritate, granturco o anche pezzi di pane, il tutto a scelta o in varie combinazioni di gusto. Vengono bollite in una pentola, sovente di cotto.

E potremmo continuare.

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