LA PAROLA

Negoziazione

Dal vocabolario Treccani il significato:

negoziazióne s. f. [dal lat. negotiatio -onis]. – L’opera, l’attività di negoziare; è termine particolarmente usato nel diritto internazionale per indicare l’insieme di trattative che portano a un accordo tra stati, e nella pratica commerciale e bancaria per indicare affare di compravendita o affare di banca: distinta di n., documento compilato da una banca, relativo alla compravendita di divise estere; n. alle grida, contrattazioni che si fanno in borsa con offerta e domanda a voce alta.

La negoziazione è un processo decisionale interpersonale che si rende necessario quando non è possibile raggiungere i propri obiettivi unilateralmente.

Non vi è unanime consenso sulla definizione; per altri, invece, la negoziazione è il modo di raggiungere i propri obiettivi attraverso uno scambio di informazioni volto a raggiungere un accordo con una controparte quando si hanno sia interessi comuni sia interessi contrapposti. Se la negoziazione si riferisce ad un unico aspetto si ha un gioco a somma zero, altrimenti si può avere una negoziazione win-win o integrativa.

Il concetto indica l’attività che coinvolge due o più individui o gruppi di persone che comunicano interattivamente gli uni con gli altri con lo scopo di raggiungere un accordo in merito a qualcosa. Di fatto la negoziazione si fonda su una attività di scambio, che genera appagamento degli interessi di quanti coinvolti senza sacrificio di nessuno.

Dal punto di vista dell’economia aziendale, la negoziazione è una capacità gestionale irrinunciabile e al contempo un comportamento organizzativo strategico che impatta sull’efficienza della gestione di una azienda.

Un ambito particolare della negoziazione è quello che riguarda le trattative tra persone provenienti da culture diverse (intese come nazioni di appartenenza, ambiti sociali, credo religiosi, gruppi etnici, background professionali, ecc.). Questo settore della negoziazione prende il nome di negoziazione interculturale.

La negoziazione è «un processo di interazione tra due o più parti in cui si cerca di stabilire cosa ognuna dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al raggiungimento di un accordo mutuamente vantaggioso». (Rubin, Brown 1975).

Generalmente, quando si parla di negoziazione, si tende ad associare questo termine alle attività strettamente commerciali, in realtà è un concetto molto più ampio. Non negoziamo infatti solamente quando contrattiamo il prezzo di un articolo commerciale, ma negoziamo molto più spesso. Quando si parla di negoziazione generalmente si pensa a una questione monetaria, a una sorta di contrattazione strettamente inerente questioni economiche.

La negoziazione non può essere rappresentata metaforicamente da due persone che tirano una corda in direzione opposta al fine di aggiudicarsi la porzione maggiore della corda (rappresentata da un guadagno monetario maggiore).

La negoziazione è quindi qualcosa di più ampio e profondo, sarebbe banale negoziare solamente in termini monetari, ma la negoziazione riguarda molti più “oggetti”. Possiamo negoziare idee, valori, credenze, punti di vista, piani d’azione.

Possiamo rappresentare graficamente la negoziazione in maniera lineare o in maniera ramificata.
Se presupponiamo un modello di negoziazione lineare, non possiamo ipotizzare un mutuo vantaggio: è impossibile, con questo modello, che entrambe le controparti siano soddisfatte. Infatti all’aumentare del vantaggio per A, diminuisce il vantaggio per B. È uno schema tipico della negoziazione mono-issue, ovvero quella che presenta un solo argomento di negoziazione (ad esempio il denaro).

Fortunatamente, nessun tipo di interazione umana è del tutto lineare, è sempre possibile dunque mettere sul tavolo più argomenti negoziali in modo tale da soddisfare un mutuo vantaggio.

Semplificando, tendiamo spesso a pensare ad un modello di negoziazione lineare, dove se vince una persona l’altra perde, ma la realtà dei fatti è sempre più complessa. L’individuo in negoziazione non è solo un erogatore di beni, ma ha credenze, valori, aspettative e teorie implicite che influenzano allo stesso modo la trattativa.

Uno dei modi per eliminare il tira-e-molla della negoziazione lineare è quello di passare da una negoziazione che si basa su un solo argomento negoziale a una negoziazione con più argomenti negoziali.

È proprio la differenza degli interessi in gioco ad essere utilizzata come molla per il cambiamento. Spesso la divergenza di interessi viene vista come qualcosa da nascondere perché associata al conflitto.

Ma quali sono le prerogative del conflitto? Fondamentalmente sono due:

1.Scarsità delle risorse, che prima di essere un dato oggettivo è una percezione: ci sono persone che tendono maggiormente a percepire la scarsità, altre l’abbondanza (Pietroni, Diamantini, Rumiati 2001)

2.Divergenza di interessi, da intendersi come incompatibilità circa la modalità di distribuzione di una risorsa scarsa. (è sia una fonte di conflitto, ma può essere usata strategicamente come fonte di risoluzione del conflitto stesso).

Una volta stabilito un conflitto è necessario gestirlo ed esistono tre forme di gestione del conflitto classiche. Nella preistoria i nostri avi superavano i conflitti, derivati dalla presenza di risorse scarse (ad es., scarso cibo), mediante la lotta. La lotta era lo strumento principale per ottenere quelle risorse scarse.

Successivamente, con lo sviluppo delle civiltà, altra strategia di gestione del conflitto maturata era il ricorrere all’autorità (ad esempio ricorrendo alle sovranità, come il re).

Infine si giunse a regole definite: le norme. Le norme hanno un ruolo importantissimo nella negoziazione: Diekman ha confermato che all’aumentare dell’ambiguità delle norme i negoziatori si fanno più partigiani ed egocentrici.

Per quanto le norme siano importanti, è difficile e sconveniente pensare che tutte le possibili situazioni conflittuali possano essere previste e regolamentate. In questi casi si tenterà di risolvere l’ambiguità del dominio facendo riferimento a norme di ordine inferiore, ovvero a norme implicite che appartengono al bagaglio di una cultura.

Le più importanti norme generali di giustizia distributiva sono tre: norma di equità (le risorse devono venire distribuite secondo il criterio del merito: chi più ha contribuito, più deve ricevere); norma di uguaglianza: le risorse devono essere distribuite in modo uguale; norma di necessità: le risorse devono essere distribuite in base al bisogno delle parti.

Il conflitto non è un fenomeno tangibile ed obiettivo; esiste nelle menti di coloro che ne sono coinvolti. Le parti non rispondono mai ad un conflitto vero ma ad una loro personalissima interpretazione e rappresentazione (influenzata da credenze, valori, aspettative). Questa rappresentazione è chiamata da Klar, Bar-Tal e Kruglanski come schema del conflitto.

Dal momento che il conflitto è interpretabile e soggettivo, il primo obiettivo dei soggetti è quello di riconoscere il conflitto, Come abbiamo affermato sopra il conflitto può essere una risorsa, ma per sfruttare questa risorsa dovremmo prima riconoscere il conflitto stesso.

Alcuni preferiscono negare che ci siano discrasie tra i punti di vista, ma a volte sono proprio le divergenze di interessi a poter far avviare una negoziazione. Se si tende a nascondere un conflitto, quando c’è una divergenza negli interessi, la divergenza non viene affrontata, né risolta, né utilizzata come risorsa, proprio perché si finge la sua inesistenza.

 

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