IDEE VISIONI

Note musicali: impossibile piacere a tutti

Con questo articolo inizia la sua collaborazione a TESSERE, Stefano Burbi, compositore musicale e direttore d’orchestra. Non è escluso che una specifica rubrica intitolata “Note musicali” gli venga dedicata.

Diceva una famosa canzone degli anni Sessanta del simpatico cantautore francese Antoine:

«Se lavori ti tirano le pietre / non fai niente e ti tirano le pietre / il giorno che vorrai/ difenderti, vedrai / che solo pietre in faccia prenderai / Se sei bianco ti tirano le pietre / se sei nero ti tirano le pietre / al mondo non c’è mai qualcosa che gli va / e pietre prenderai senza pietà / e sarà così finché vivrai».

Anche nel campo musicale è sempre stato così: un compositore scrive per essere ascoltato dal maggior numero di persone possibile e spera sempre di incontrare vasti consensi, ma le critiche sono dietro l’angolo e sono inevitabili.

Lo stesso Mozart, seguendo il consiglio del padre di compiacere sempre il pubblico e di evitare di scrivere brani troppo difficili, ci dice che alcuni dei suoi concerti per pianoforte erano stati pensati non solo per gli intenditori, ma soprattutto per venire incontro al gusto allora imperante.

Wolfgang Amadeus Mozart

In genere il compositore contemporaneo, impegnato nella ricerca e nella sperimentazione, non cerca il “facile” consenso e non modifica il suo modo di esprimersi nemmeno quando si accorge di non essere seguito come sperava, perché ritiene – chissà perché – che il pubblico abbia il preciso dovere di capire le sue composizioni, e, se ciò non succede, crede di essere trattato ingiustamente, rivelando di essere affetto dalla sindrome del genio incompreso. Infatti, alcuni pensano, a torto, che Mozart e Beethoven fossero a loro volta degli incompresi dai contemporanei, ignorando evidentemente che il primo era popolarissimo anche quando era vivo, tanto che a Praga, ad esempio, le arie delle sue Nozze di Figaro venivano cantate per la strada come delle vere e proprie hits di oggi, e ai funerali del secondo, a Vienna, partecipò una folla sterminata, già allora consapevole di salutare un grandissimo genio.

Questo atteggiamento di fiduciosa attesa di un riconoscimento, anche se non immediato, può però essere assunto solo da chi conta sul rassicurante stipendio che gli deriva da una cattedra di armonia o composizione, come, ad esempio, l’inventore della dodecafonia, Arnold Schoenberg, che dal 1903 fu professore di armonia e contrappunto a Vienna e continuò a insegnare lungo tutto il corso della sua vita.

Ludwig van Beethoven

Se oggi un compositore scrive in modo “difficile”, trova tiepide accoglienze da parte del grande pubblico, al quale forse nemmeno è interessato, ed al quale, fra l’altro non “arriva”; se invece un musicista decide di scrivere in modo comprensibile e, per così dire, “tradizionale”, riceve feroci critiche da parte di intellettuali e critici, spesso un po’ snob: Nino Rota, se fosse ancora fra noi, lo confermerebbe, perché al tanto oggi celebrato autore delle colonne sonore dei film di Fellini, del Gattopardo e del Padrino, negli anni dei più oltranzisti sperimentalismi musicali, non fu mai perdonato quel suo modo di scrivere così legato alla tonalità ed alla tradizione.

Di recente, a torto, qualcuno si è scandalizzato quando il regista Quentin Tarantino ha paragonato Ennio Morricone a Mozart e a Beethoven.

Ennio Morricone

Qualcun altro, invece, è insorto per la relativamente scarsa eco che ha avuto, il 5 gennaio scorso, la scomparsa del novantenne compositore d’avanguardia e direttore d’orchestra Pierre Boulez, rimanendo sorpreso dallo scalpore e dal cordoglio unanime che, 5 giorni dopo, hanno (giustamente) accompagnato la morte, a soli 69 anni, di David Bowie, stella della musica capace di ipnotizzare più di una generazione con le sue canzoni e con i suoi atteggiamenti anticonformisti.

Difficile negare che David Bowie – il quale suonava benissimo diversi strumenti e componeva usando un linguaggio magnetico e comprensibile a tutti – abbia segnato la Storia della Musica fin dagli anni Sessanta, così come difficile è pensare che canzoni immortali come Starman, Heroes o Life on Mars non abbiano toccato il cuore anche di chi ha orecchie “educate”. Impossibile non commuoversi ascoltando Lazarus, nel suo ultimo album testamento, uscito solo due giorni prima della morte, in cui racconta i pensieri di un uomo conscio di dover presto lasciare questo mondo. Perciò è assurdo l’atteggiamento di chi parla di “povertà spirituale” e “pochezza culturale” riferendosi a quanti hanno pianto Bowie senza aver espresso lo stesso cordoglio per Boulez. Ed assurdo è questo confronto.

Pierre Boulez

Decidere chi davvero è grande e chi no, ed addirittura chi si deve piangere e chi no, in virtù di un proprio modello culturale e di una pretesa, immotivata ed improbabile superiorità morale ed intellettuale, è inaccettabile.

Il compositore d’oggi, da una parte rischia di essere banale e di ripetere cose già dette, ma, dall’altra rischia di ridurre tutta la sua produzione ad un’estenuante sperimentazione e ad un’eterna ricerca, alla fine della quale, però, ci si aspetta si sia trovato qualcosa, il che pare non avvenga, visto che la ricerca… continua. Ed anche questa può diventare banale e ripetitiva.

In realtà la saggezza di un versetto della Bibbia – «Niente di nuovo sotto il sole» – e la dotta riflessione di Lavoisier, il padre della chimica – «Niente si crea, niente si distrugge» – ci fanno dubitare se la creazione di qualcosa di veramente nuovo non sia che una mera illusione…

Ovviamente la musica si è evoluta anche grazie al coraggio di osare da parte di compositori innovativi, questo è innegabile, ma se può essere ritenuta pacifica e naturale l’esigenza di cambiamento, ci si deve interrogare se si possa parlare di progresso solo se si trasgredisce e si rinnega, a prescindere, la tradizione o se invece si debba lasciare libera la coscienza dell’artista senza costringerlo in schemi che, a parole, si dice di volere rivoluzionare, ma che, nei fatti, si vorrebbero solo sostituire con altre gabbie, costruite, se possibile, con sbarre ancora più fitte.

Insomma, se si arriva a sostituire il pregiudizio (semplificando, «la musica “tradizionale” è vecchia e non è interessante») con un altro pregiudizio («la musica “difficile” è l’unica che sia colta e che valga la pena di scrivere e di ascoltare»), c’è qualcosa che non torna.

David Bowie

In fondo, non siamo forse stati attratti anche dalla cucina molecolare o dalle raffinate ricette della nouvelle cousine per poi arrivare alla conclusione che c’è più gusto nella vecchia e rassicurante carbonara o nella semplice ma gustosa pasta al pomodoro fresco, magari arricchita da qualche nuovo dettaglio che però non stravolge i sapori tradizionali?

Spesso ai concerti di musica contemporanea il pubblico è costituito quasi esclusivamente dagli stessi compositori che si lodano a vicenda (chissà quanto, a dire il vero, sinceramente).

L’arte in generale, e figuriamoci poi la musica, dovrebbe essere destinata a tutti ed arrivare a tutti, ma il rischio, concreto e reale, è che il compositore, oggi, dalla sua torre d’avorio, sia fiero di farsi capire da pochi, a loro volta fieri di dichiarare di capire quello che, se lo capiscono in pochi, deve essere allora per forza intelligente ed interessante. Ma non sempre è così.

A scanso equivoci, onde evitare che queste note suonino come un attacco indiscriminato a tutti i musicisti contemporanei ed una forma di snobismo culturale alla rovescia, val la pena affermare a gran voce che ci sono ovviamente compositori contemporanei stimabili e di pregio, ma è da criticare chi, credendosi depositario della verità, esclude che altri possano godere di quella dignità di artisti rivendicata solo per se stessi.

La libertà assoluta di espressione è un dogma, da difendere senza snobismi, preconcetti o pregiudizi: nella musica, come in qualsiasi altra arte, in ultima analisi, è sempre e solo una questione di gusto e di buon senso, e come appunto si è detto, ognuno è destinato ad essere bersaglio di critiche, qualsiasi cosa faccia, dica o scriva, soprattutto nell’era dei social networks, perché non si può piacere a tutti.

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