LA PAROLA

Obliterare

Il verbo obliterareè una di quelle parole molto tecniche e specialistiche, anche un po’ burocratiche e perciò non tanto simpatiche, che tuttavia sono certamente entrate nel vocabolario di milioni e milioni di persone, perché non esiste individuo che abbia preso un autobus o sia salito su un treno il quale non abbia fatto i conti con l’obbligo di inserire il proprio biglietto nelle apposite macchine che lo rendono valido, impedendo che al possessore sia comminata una multa durante un eventuale controllo. Ragion per cui nell’immaginario collettivo il verbo obliteraresignifica “convalidare” o “marcare” e vien da pensare che questa parola da uno zelante funzionario pubblico sia stata inventata abbastanza recentemente, diciamo da quando sono state introdotte quelle macchinette dal suono un po’ inquietante con cui sono stati mandati in pensione i bigliettai, signori austeri che portavano un ditale di gomma per meglio sollevare il sottile biglietto dal loro blocchetto ed avevano una borsa di cuoio sul davanti nella quale raccogliere i soldi dei viaggiatori al loro ingresso sul bus. Ma è una definizione impropria quella dell’immaginario collettivo, perché il verbo obliterare, spiega l’autorevole Treccani, viene dal latino oblit(t)erare, dove mette insieme la littĕra, la “lettera” con il prefisso ob– che, se la memoria non tradisce gli studi classici, con i verbi di moto si traduce con “verso” o “a” per indicare la direzione ma per lo più è impiegato per dire “a causa di” o “a motivo di” nelle frasi causali o finali. Orbene, il latino oblit(t)eraresignifica alla lettera «cancellare, rendere illeggibile uno scritto o sim. mediante una scrittura sovrapposta, una macchia o altro». Per estensione, «con riferimento a francobolli o marche da bollo», ha assunto il significato di «invalidarli apponendovi un timbro o altra scritta (per es., la firma o la data)» e perciò «riferito a biglietti di autobus, tram e sim., annullarli inserendoli nell’apposita macchina (obliteratrice)». Ecco, l’obliteratrice, così si chiama quel mangiafoglietti che fa clic clac o qualcosa di simile.

Si legge nella Treccani che il verbo in senso figurato viene impiegato per dire «cancellare, far svanire dalla memoria: “ricordi obliterati dal sovrapporsi di nuove impressioni”» ed analogamente, «con riferimento a usanze, costumi e sim., far cadere in disuso, far scomparire: “consuetudini obliterate dal tempo”». Se ne è appropriato il linguaggio forense – ma specifica la Treccani«con uso improprio, per raccostamento paretimologico al lat. oblitus“dimenticato”» – «soprattutto in espressioni usate dalla difesa come opposizione al giudice che non abbia tenuto nel debito conto determinati fatti o documenti» per significare ignorare, non tenere conto di qualcosa. Infine, nel linguaggio medico, riferendo dell’occludersi, dell’obliterarsi della cavità di un condotto organico. Chissà se un giorno l’obliteratrice cadrà nell’oblio. Ma si raccomanda: non obliterate obliquamente.

Tags